Modulo 3: Comunicazione nei casi di violenza domestica

1. Ostacoli alla dichiarazione dell’abuso  
2. Strategie di comunicazione
3. Excursus sulle varie forme di assistenza 
4. Domande di screening per la Violenza Domestica
5. Rispondere ad una dichiarazione di abuso
6. Domande che spesso sorgono nel contesto della Violenza Domestica
7. Comunicazione all’interno delle equipe sanitarie
8. Comunicazione visiva

Focus su Ginecologia/ostetricia, Chirurgia e Pediatria
9. Ginecologia/Ostetricia
10. Chirurgia, Pronto soccorso
11. Pediatria

Focus sull’Odontoiatria
12. Odontoiatria

Fonti

Introduzione

Benvenuti al Modulo 3 su “La comunicazione nei casi di violenza domestica“. In questo modulo approfondiremo gli aspetti critici della comunicazione quando si affronta il tema della violenza domestica. Comprendere le complessità legate alla dichiarazione di avvenuta violenza domestica, impiegare strategie di comunicazione efficaci e creare risposte appropriate è fondamentale per fornire un’assistenza completa alla vittima che subisce violenza domestica.

I professionisti del settore sanitario troveranno in questo modulo informazioni specialistiche sulla comunicazione e su come sostenere meglio la vittima, con particolare attenzione alla ginecologia/ostetricia, al pronto soccorso (chirurgia), alla pediatria e all’odontoiatria.

Obiettivi di apprendimento

+ Comprendere le barriere esistenti nel sistema sanitario che possono impedire alla vittima di dichiarare l’abuso subito.

+ Essere in grado di attuare strategie di comunicazione adatte alle sfide specifiche nei casi di violenza domestica.

+ Essere in grado di utilizzare le domande di screening per identificare i casi di violenza domestica.

+ Essere in grado di rispondere in modo appropriato ed empatico di fronte alla dichiarazione di violenza domestica, assicurandosi che le vittime si sentano sostenute e comprese.

+ Essere in grado di cogliere e applicare i metodi di comunicazione visiva per migliorare la comunicazione nei casi di violenza domestica.

+ Sapere cosa fare quando i/le pazienti dichiarano di aver subito una violenza.


1. Ostacoli a dichiarare l’abuso

La vittima che subisce violenza domestica può trovarsi ad affrontare diverse sfide che possono rendere difficile parlare apertamente della sua situazione.

Cliccate sulle croci sotto ogni termine dell’illustrazione, per ottenere ulteriori informazioni su alcuni ostacoli comuni:

In particolare ricordate che le vittime della violenza domestica provengono da contesti sociali, culturali, economici e religiosi, con età, sesso e orientamento sessuale diversi, comprese le persone con disabilità. La violenza colpisce persone di ogni estrazione socio-economica e livello di istruzione. È quindi importante capire che non esiste una “vittima tipo” che sia identificabile.

Anche se molti video esemplificativi ritraggono una donna come vittima in relazioni eterogenee, non lasciatevi ingannare. La vittima può essere chiunque, compresi uomini, bambini, individui con disabilità o persone con genere non binario. Lo stesso vale per gli autori di reato. Per maggiori informazioni sugli autori di violenza, consultate il Modulo 1.

Si ricordi che la violenza domestica può verificarsi tra coppie eterosessuali, coppie dello stesso sesso, genitori e figli, fratelli, zii, zie, cugini, nonni e persino coinquilini.


2. Strategie di comunicazione

Per favorire una comunicazione rispettosa e fiduciosa sulla violenza subita, garantire alla vittima uno spazio appartato senza accompagnatori (partner, figli, altri membri della famiglia o persone non appartenenti alla famiglia), che le permetta di parlare liberamente e di sentirsi a proprio agio. In generale, è utile utilizzare gli “I-Messages”. Si possono utilizzare in particolare per risolvere le ambivalenze della vittima durante la consulenza o nel caso in cui il tempo a disposizione per la consulenza sia limitato.

Per ulteriori informazioni, fare clic sulle croci sotto ogni termine dell’illustrazione.


L’autore della violenza di solito accompagna la vittima in ospedale o dal medico. Non vuole che la vittima sia sola con il professionista sanitario. La sfida consiste quindi nel riuscire a vedere il/la paziente da solo, senza far insospettire l’autore della violenza e senza aumentare in seguito il rischio di un’escalation di VD.

Ecco alcuni suggerimenti su come fare:

  • Chiedere all’accompagnatore di compilare ulteriori documenti.
  • Spiegare all’accompagnatore, ad esempio al pronto soccorso, che potrebbero essere necessari esami radiologici con un alto rischio di esposizione ai raggi X e che, per motivi di sicurezza, non può entrare nella sala dove si svolge l’esame.
  • Spiegare che la politica dell’ospedale non consente di accompagnare il/la paziente durante la visita. Il video seguente è un buon esempio di come comunicare bene questo aspetto.
Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

La vittima spesso presenta indizi (commenti diretti o indiretti su aspetti personali della sua vita o sulle sue emozioni) durante la conversazione con il professionista sanitario. Questi indizi rappresentano per quest’ultimo l’opportunità di dimostrare comprensione ed empatia e, quindi, di approfondire l’alleanza terapeutica che è al centro dell’assistenza clinica.2

L’ascolto empatico richiede di capire come riconoscere gli indizi offerti dai/dalle pazienti. Ci sono momenti opportuni per rispondere verbalmente a ciò che il/la paziente sta condividendo. Gli indizi possono essere una diminuzione dell’intensità emotiva, un sospiro profondo o uno spostamento dal focus della conversazione. A questo punto, può essere naturale rispondere al messaggio e dedicarsi alle cure mediche necessarie. La tecnica della parafrasi verbale può essere utile per trasmettere l’empatia quando si ha bisogno di ulteriori descrizioni o spiegazioni da parte della vittima, o quando si percepisce che la vittima desidera una conferma del fatto che la si sta ascoltando e comprendendo.3

Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.
Caso studio: Svelare la violenza domestica nella pratica medica

Il signor Thompson, vedovo di 80 anni, si rivolge al medico per ansia e depressione.

Dottor Miller: Buongiorno, signor Thompson. Come si sente oggi?

Signor Thompson: Oh, sa, solo i soliti acciacchi che vengono con l’età. Niente di cui preoccuparsi.

Dr. Miller: Capisco. Io sono qui per aiutarla a risolvere qualsiasi problema. Ha qualcosa in mente di cui vorrebbe parlare?

Signor Thompson: Beh, dottore, non si tratta solo di cose fisiche. Ultimamente mi sento giù e stanco.

Dr. Miller: Apprezzo la sua apertura, signor Thompson. Parliamo di tutto ciò che le passa per la testa. Oltre al disagio fisico, ci sono stati cambiamenti nella sua vita o nelle sue relazioni che potrebbero influire sul suo benessere?

Signor Thompson: (esitante) Non… non è facile parlarne. Ma si tratta di Jessica, la mia badante. Le cose non vanno bene.

Dr. Miller: Ci vuole coraggio per parlare di situazioni difficili. Può dirmi qualcosa di più su ciò che sta accadendo?

Mr. Thompson: Si arrabbia spesso, e ci sono parole offensive. Mi sembra di camminare sulle uova, sa?

Dr. Miller: Mi dispiace sentire questo, signor Thompson. Sembra una sfida. Può dirmi qualcosa di più su come la sta influenzando?

Signor Thompson: (guardingo) Influisce sul mio sonno, sul mio umore. Mi sento intrappolato in casa mia.

Dr Miller: Grazie per avermi fatto queste confidenze.

Signor Thompson: Voglio solo che smetta, dottore. Si sta ripercuotendo sulla mia salute, sia fisica, che mentale.

Dr. Miller: La capisco e sono qui per aiutarla. Possiamo lavorare insieme per risolvere questi problemi. Se si sente a suo agio, potremmo dover coinvolgere altre persone per sostenerla.

Signor Thompson: Grazie, dottore. Io… Non sapevo se dovevo dire qualcosa. È stata dura. Non sapevo a chi altro rivolgermi.

Dr. Miller: Non è solo, signor Thompson. Prenderemo provvedimenti per garantire la sua sicurezza e il suo benessere, coinvolgendo le persone giuste per sostenerla in questa difficile situazione.


3. Excursus sulle varie forme di assistenza

3.1. Assistenza in caso di trauma
Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

Nota: sebbene questo video provenga dagli Stati Uniti, il suo contenuto si applica alle realtà europee. Per ulteriori informazioni, consultare il Modulo 2 and l’ impatto della VD.

L’assistenza informata sul trauma sposta l’attenzione da “Cosa c’è di sbagliato in te?” a “Cosa ti è successo?”. Un approccio informato sul trauma riconosce che le organizzazioni sanitarie e le équipe di cura devono avere un quadro completo della situazione di vita del/della paziente – passata e presente – per fornire servizi sanitari efficaci con un orientamento alla guarigione. L’adozione di approccio informato sul trauma può potenzialmente migliorare il coinvolgimento del/della paziente, l’aderenza al trattamento e i risultati di salute, nonché il benessere dei professionisti e del personale. 6

L’approccio informato sul trauma mira a: 7

  1. Rendersi conto dell’impatto del trauma e comprendere i percorsi di recupero;
  2. Riconoscere i segni e i sintomi del trauma nella vittima, nelle famiglie e nel personale;
  3. Integrare le conoscenze sul trauma nelle politiche, nelle procedure e nelle pratiche.
  4. Evitare attivamentela ripetizione del trauma sia per la vittima che per il personale.

Esplora altri video che illustrano i vantaggi di un’assistenza informata sul trauma.


3.2. Assistenza centrata sulla vittima

L’assistenza centrata sulla vittima e sulla famiglia promuove una collaborazione attiva e un processo decisionale congiunto tra vittima, famiglie e professionisti sanitari per formulare e supervisionare un piano di assistenza personalizzato e completo. Diverse componenti chiave, condivise dalla maggior parte delle definizioni di assistenza centrata sul/sulla paziente, modellano la progettazione, la gestione e l’erogazione dei servizi sanitari: 8

  • Assistenza collaborativa, ben coordinata e facilmente accessibile, che garantisce l’erogazione delle cure giuste al momento e nel luogo giusto
  • Le informazioni sono condivise in modo completo e tempestivo, in modo che vittima e familiari possano prendere decisioni informate
  • Gli obiettivi della vittima devono essere considerati come parte del piano di assistenza sanitaria, piuttosto che una supposizione o una prescrizione di quali dovrebbero essere gli obiettivi (questo è coerente con l’assistenza informata sul trauma). 9
  • Lo stato di salute attuale e passato della vittima e le informazioni rilevanti che riguardano la salute, compreso il trauma, devono essere considerate nella pianificazione e nell’erogazione dell’assistenza. 10
  • La vittima deve essere in grado di ottenere un’assistenza di qualità quando e nei modi in cui ne ha bisogno, non solo secondo un singolo modello di assistenza. 11

3.3. Assistenza per l’affermazione del genere
Nel video, una vittima trans di VD condivide le sue esperienze con i professionisti sanitari per quanto riguarda l’accesso all’assistenza sanitaria e offre raccomandazioni per migliorare l’assistenza nella pratica clinica per soddisfare meglio le esigenze uniche dei sopravvissuti e delle vittime identificate come transgender.

Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”. A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

Molte persone transgender e diverse in base al genere (trans gender diverse: TGD) modificano il proprio nome, i pronomi e l’aspetto fisico per affermare la propria identità di genere. Non è possibile conoscere l’identità di genere di una persona in base al suo nome, al suo aspetto o al suono della sua voce. Usare un nome, un pronome o un genere sbagliato può causare imbarazzo e umiliazione a chiunque, non solo alle persone TGD. Gli uomini con la voce alta vengono spesso chiamati “signora” al telefono. Le donne con i capelli corti vengono spesso chiamate “signore”. Per le persone TGD, essere definite erroneamente in questo modo è comune e può essere molto angosciante. 12

La creazione di un’esperienza di accettazione di genere inizia con la comunicazione. Utilizzate queste buone pratiche come guida per garantire interazioni rispettose e appropriate con la vittima: 13

Buone praticheEsempi
Quando ci si rivolge alla vittima, evitare di usare termini specifici di genere come “signore” o “signora”.“Come posso aiutarla oggi?”
Quando si parla delle vittime, evitare i pronomi o altri termini specifici di genere. Se si dispone di una registrazione del nome usato dal/dalla paziente, usarlo al posto dei pronomi.“Il suo paziente è qui in sala d’attesa”.
“Max è qui per un appuntamento alle 15”.
Chiedere gentilmente se non si è sicuri del nome del/della paziente o dei pronomi usati.“Come si chiama?”;
“Vorrei essere rispettoso/a. Come vuole che ci si rivolga a lei?”.
Chiedere con rispetto i nomi che non corrispondono a quelli registrati.“La sua cartella clinica potrebbe avere un altro nome?”.
“Qual è il nome della sua assicurazione?”.
Avete usato il pronome sbagliato? Chiedete cortesemente scusa.“Mi scuso per aver usato il pronome sbagliato. Non volevo mancarle di rispetto”.
Chiedere solo le informazioni necessarie per l’assistenza.Chiedetevi: Cosa so?
Che cosa ho bisogno di sapere?
Come posso chiedere in modo delicato?

E’ possibile accedere a un glossario sull’assistenza per l’affermazione del genere cliccando qui: https://pflag.org/glossary/

Caso studio: Riconoscere la violenza domestica di una donna transgender in uno studio medico

Di seguito è riportato un esempio di interazione positiva tra vittima e il personale sanitario. La scena presentata è quella di Claire, una donna transgender, e Danielle, un’addetta alla reception.

Danielle: Buon pomeriggio. Come posso aiutarla?

Claire: Salve. Ho un appuntamento con la dottoressa Brown alle 14.30.

Danielle: Il suo nome, per favore?

Claire: Claire Brooks.

Danielle: Mi dispiace, ma non risulta nell’elenco. Il suo appuntamento potrebbe essere sotto un altro nome?

Claire: Oh sì. Ho cambiato il mio nome di recente da Lawrence a Claire.

Danielle: Ok, vedo che l’appuntamento è con Lawrence Brooks. Mi dispiace per l’errore. Aggiornerò subito il nostro sistema di registrazione con il suo nome corretto.

Per essere sicuri che stiamo usando i dati giusti, potrebbe dirmi quale è la sua data di nascita?

Claire: 12 novembre 1987.

Danielle: Ottimo. E ha cambiato il nome sulla sua assicurazione?

Claire: No, non l’ho fatto.

Danielle: Ok, grazie. Per sua informazione, non posso cambiarle il nome sull’assicurazione. Tuttavia, qui abbiamo una Case Manager che aiuta le persone con esigenze assicurative e legali. Vuole che la metta in contatto con lei?

Claire: Oh sì, sarebbe fantastico. Grazie.

Danielle: Certo.


4. Domande di screening per la violenza domestica

È fondamentale indagare sulla violenza domestica attraverso le domande di screening senza esacerbare il rischio di danni alle vittime e ai loro figli. Il processo di screening dovrebbe iniziare con una frase di inquadramento per introdurre e normalizzare le domande, come ad esempio: “Ho alcune domande che faccio a ogni paziente. Ora le farò anche a lei”. 14

  • In caso di difficoltà linguistiche, occorre fare il possibile per effettuare lo screening nella lingua preferita dalla vittima e riconoscere le barriere culturali durante il processo di screening.
  •  Porre domande che sollecitino la descrizione del comportamento piuttosto che concentrarsi esclusivamente sull’impatto o sul significato dei comportamenti stessi.
  • Presentare le domande in modo calmo e concreto. Nei casi in cui le risposte non siano chiare, chiedere brevemente ulteriori delucidazioni attraverso altre domande.
  • Esprimere sempre gratitudine per le informazioni fornite. 15

Ricorda: Esplorate diversi approcci per scoprire quello più adatto a voi, riconoscendo che ogni vittima può rispondere in modo diverso ai vari metodi.


Iniziare con domande generali

Prima di fare domande dirette, utilizzate affermazioni come quelle sotto riportate, per sollevare il tema della violenza. Le domande aperte devono essere poste per incoraggiare la vittima a parlare, invece di rispondere solo con sì o no. Evitate le domande che colpevolizzano la vittima.

Come vanno le cose a casa?”.

“Come va con il suo partner?”.

“So che molte persone hanno problemi ad affrontare la violenza da parte del partner, di altri membri della famiglia o di qualcuno con cui vivono. Può essere che sia così anche nel suo caso?”.


Come inquadrare la domanda

Creare uno spazio per il silenzio, lasciando all’individuo il tempo di raccogliere i propri pensieri. Dimostrare pazienza e mantenere un contegno calmo. Segnalate il vostro ascolto attento, con un cenno del capo o con segnali verbali come “hmm…”. Convalidate le emozioni e incoraggiate il/la paziente a condividere la storia, seguendo il ritmo che questi ritiene più opportuno.

“Poiché purtroppo la violenza è così comune nella nostra società, ho iniziato a chiedere a tutti i miei pazienti di parlarne”.17

“Le farò una domanda che faccio a tutti i pazienti”.

“Poiché la violenza domestica ha così tanti effetti sulla salute, ora chiedo a tutti i miei pazienti di parlarne” 18

Ulteriori esempi:

“Per esperienza passata con altri pazienti, temo che alcuni dei suoi problemi medici possano essere il risultato di qualcuno che le ha fatto del male.  Sta accadendo anche a lei?” 19

“Non so se questo sia un problema per lei, ma molti dei miei pazienti hanno a che fare con relazioni violente. Alcuni hanno troppa paura o disagio per parlarne di persona, così ho iniziato a chiedere informazioni sull’argomento”. 20

“La violenza colpisce molte famiglie. La violenza in casa può causare problemi fisici ed emotivi a voi e a vostro figlio. Noi offriamo servizi a chiunque sia preoccupato per la violenza in casa propria“. 21


Fare domande dirette

Ecco alcune domande semplici e dirette con cui potete iniziare.  Esse dimostrano alla vittima che volete conoscere i suoi problemi. In base alle risposte, continuate a fare domande e ad ascoltare la loro storia. Se rispondono “sì” a una di queste domande, offrite supporto. Non dite alla vittima che non è poi così grave e non minimizzare il suo dolore.

“Ha mai avuto paura a casa o nella sua relazione?”.

“Il suo partner o qualcun altro a casa ha mai minacciato di colpirla o di farle del male fisico in qualche modo? Se sì, quando è successo?”.

“Il suo partner o qualcun altro a casa cerca di controllarla, ad esempio non le permette di avere soldi o di uscire di casa?”.

Ulteriori esempi:

“È stato colpito/a, preso a calci, a pugni o in altro modo ferito/a da qualcuno nell’ultimo anno? Se sì, da chi?” 22


“Ha subito pressioni o è stato costretto/a a fare qualcosa di sessuale che non voleva?”.

“Si sente insicuro/a nella sua attuale relazione?” 23


“C’è un partner di una precedente relazione che la fa sentire insicuro/a ora?”
24


“Si è mai sentito/a controllato/a o isolato/a da una persona a lei vicina?”.
25


“Ha un posto sicuro dove andare in caso di emergenza?”.
26

“Il suo partner, o qualcun altro a casa, cerca mai di controllarla minacciando di fare del male a lei o alla sua famiglia?”. 27

“Perché vive ancora con il suo partner/familiare che la tratta così?”.

“Avreste potuto evitare la situazione?”.

“Lei è vittima di violenza domestica?”. 28

“E’fortunata che non sia successo niente di peggio”.

“Perché l’ha fatto…?”

Se è necessario un interprete:

  • Non utilizzare mai un parente o un amico del/della paziente come interprete.
  • È preferibile rivolgersi a un interprete professionista con una formazione in VD o a un avvocato affiliato a un’agenzia locale specializzata in VD.
  • Scegliete un interprete dello stesso sesso della vittima e valutate se fargli firmare un accordo di riservatezza per mantenere la privacy e la fiducia.

Le Linee Guida su come lavorare con gli interpreti sono disponibili a questi link:


5. Rispondere ad una dichiarazione di VD

La scelta di rivelare esperienze di violenza domestica è una scelta individuale e le vittime di violenza domestica possono decidere di non parlarne con i professionisti sanitari per varie ragioni, tra cui la preoccupazione per la sicurezza, la paura di potenziali conseguenze o la mancanza di fiducia. Nel caso in cui la vittima riveli una violenza domestica, l’impiego di un approccio centrato sul/sulla paziente si rivela utile per offrire sostegno all’individuo e alla sua famiglia. I professionisti sanitari possono agire come difensori della vittima di violenza domestica, facendo leva sulla sua capacità di resilienza e sui suoi punti di forza. 29

Descrizione: Il video (“Come rispondere ad una rivelazione”) illustra come si deve reagire a una dichiarazione di violenza domestica.
Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

Quando una vittima si apre con voi, ascoltatela attivamente senza giudicare o offrire soluzioni, lasciandole lo spazio per esprimere i suoi bisogni. Sebbene possiate cercare di ottenere chiarimenti attraverso le domande, concentratevi sul permetterle di condividere le proprie emozioni. Prestate attenzione agli indizi sia verbali che non verbali e utilizzate le seguenti tecniche per aiutarla ad articolare i propri bisogni, assicurando una migliore comprensione. In generale, astenetevi dall’esprimere giudizi sull’autore del reato o dal caratterizzarlo, perché ciò potrebbe dissuadere la vittima dal condividere qualsiasi informazione o alimentare il circolo vizioso del senso di colpa


Responsabilizzare l’individuo

La vittima dovrebbe essere aiutata a identificare ed esprimere i propri bisogni e le proprie preoccupazioni. Consentitele dei silenzi. Se piange, concedetele abbastanza tempo per riprendersi. Non si dovrebbero porre domande sul “perché”.

“Quando prima ha detto che il suo partner/familiare si scaglia contro di lei [o il comportamento che ha descritto], mi chiedo: può dirmi cosa significa?” 30

“C’è qualcosa di cui ha bisogno o di cui è preoccupato/a?”.

“Perché l’hai fatto?”

“Perché hai fatto arrabbiare il tuo partner/familiare?”.

Non cercate di concludere i pensieri per l’individuo. 31


Creare fiducia e mostrare empatia

Assicuratevi la chiarezza della comunicazione, ripetendo ciò che la vittima ha condiviso, per confermare la vostra comprensione (parafrasi validante). Riflettete sulle emozioni trasmesse dalla vittima e riassumete le preoccupazioni espresse (parafrasi riassuntiva). Evitate di fare domande evocative durante la conversazione.

“Ha detto di sentirsi molto frustrato/a”.

“Sembra che lei sia arrabbiato/a per questo…”.

“Sembra che lei stia dicendo che…”.

“Immagino che questo la turbi, vero?”.

Non guardate l’orologio e non parlate troppo velocemente. Non rispondete al telefono, non guardate il computer e non scrivete. 32


Validare i sentimenti

Assicurare all’altra persona che le sue emozioni sono tipiche e comuni e creare un ambiente in cui sia sicuro condividere questi sentimenti. Sottolineare il diritto della vittima a una vita libera dalla violenza e dalla paura. La validazione implica un ascolto attento, la comprensione e la convinzione di ciò che l’altra persona comunica, senza esprimere giudizi o porre delle condizioni.

“Non è colpa sua”.

“È bene parlarne”.

“L’aiuto è disponibile”. [Dirlo solo se è vero].

Ulteriori esempi:

Non ci sono giustificazioni o scuse per quello che è successo”.

“Nessuno merita di essere colpito dal proprio partner o da un altro membro della famiglia in una relazione”.

“Non è solo/a. Purtroppo anche molte altre persone hanno affrontato questo problema”.

“La sua vita, la sua salute, lei ha un valore”.

“Tutti meritano di sentirsi al sicuro a casa propria”.

“Sono preoccupato che questo possa influire sulla sua salute”.

“La smetta di sentirsi così male, potrebbe essere peggio”.

“Questa sensazione passerà, non si preoccupi”.


Offrire sostegno

Assicuratevi di non giudicare. Non consigliate nulla. Segnalate tuttavia che non ci sono scuse per un comportamento violento. Prendete sul serio la vittima. Siate empatici. Apprezzate le esperienze condivise dalla vittima. Aiutate la persona a riconoscere e articolare le proprie esigenze e preoccupazioni.

“So che è difficile parlarne, ma può parlarne con me”.

“Non è da solo/a. Sono qui per lei”.

 “Lei non è responsabile di ciò che sta accadendo”.

Ulteriori esempi:

“La violenza non va mai bene e lei non la merita”.

“Grazie per essersi fidato/a di me e per aver condiviso i suoi sentimenti”.

“C’è qualcosa di cui ha bisogno che la preoccupa?

“Dovreste assolutamente divorziare”.

“Credo che questo sia conforme al tipico comportamento ‘uomini’/’donne’ e non c’è bisogno di reagire in modo eccessivo”.

Non raccontate alla persona la storia di qualcun altro ed evitate di parlare dei vostri problemi.33


Evitare i conflitti

Se la vittima non è pronta a parlare della situazione, non forzatela. Riconoscete il momento giusto e fatelo sapere alla vittima. Evitate di fare pressione.

“Sono qui per aiutarla e sono disponibile, anche se capisco che non vuole parlarne adesso”.

“Ricordi che non è solo/a. Sarò qui per lei quando sarà pronta”.


Lasciare che la persona prenda le proprie decisioni

Evitate di giudicare la capacità della vittima di prendere decisioni, evitando così che perda la fiducia in voi. L’incoraggiamento e la richiesta sono la chiave.

“Cosa posso fare per sostenerla?”.

“Come posso contribuire a proteggere la sua sicurezza?”.


Fornire modalità per ottenere aiuto

Informare la persona sui servizi specializzati in violenza domestica che possono offrire un supporto professionale. Evitate di fare affermazioni di condanna o di colpevolizzazione.

“Ecco il numero dell’ufficio locale per la violenza domestica. Possono aiutarvi con un rifugio e una consulenza”.

“Vuole che la aiuti a sviluppare un piano di sicurezza?”.

“Voglio aiutare lei (il/la suo/a bambino/a, ecc.) a essere sano e anche sicuro. Voglio condividere queste informazioni che offro a tutti i miei pazienti. Ne do a tutti due, in modo che possiate avere le informazioni per voi stessi e possiate darne una copia a un amico. Tutti conosciamo qualcuno che sta lottando e che potrebbe aver bisogno di sostegno”.

“Dovrebbe assolutamente chiamare questo numero e lasciare immediatamente il colpevole!”.

“Perché non ha lasciato questa persona molto tempo fa?”.

“Se lei fosse venuta prima, avrei potuto aiutarla meglio”.


Passi successivi:

Parlate con la vittima delle misure di sicurezza e della valutazione dei rischi. Ulteriori informazioni sono reperibili nel Modulo 5: Valutazione dei rischi e pianificazione della sicurezza.

In caso di cause legali future, il medico potrebbe essere interrogato sulla vittima, quindi è necessario documentare bene tutto. Ulteriori informazioni sono reperibili nel Modulo 4: Valutazione medica e garanzia delle prove.

Per maggiori informazioni sui procedimenti penali da seguire dopo la denuncia alla polizia cliccare qui.

Caso studio: Rivelazione della violenza domestica nella pratica medica

Una paziente di 19 anni si reca nello studio del medico di medicina generale per un consulto.

Medico: “Buongiorno, cosa posso fare per lei oggi?”.

Paziente: “Mi sento totalmente oberata di lavoro in questo momento e volevo chiederle se può mettermi in malattia per due settimane?”.

Medico: “C’è un motivo particolare per cui si sente così e le è già successo in passato?”.

Paziente: “Non sono mai stata in malattia per sovraccarico di lavoro. Ma di recente mi sono trasferita da casa dei miei genitori in un appartamento tutto mio. In questo momento tutto è troppo per me”.

Medico: “Certo, posso metterla in malattia, ma se si sente così sopraffatta dalla sua situazione, sarei felice di offrirle ulteriore sostegno. Forse vuole parlarne con me?”.

Paziente: “Mmm… in realtà mi sento molto a disagio a parlarne. In passato ci sono stati dei problemi con mia madre. È una maniaca del controllo e controllava costantemente il mio cellulare. Litigavamo ogni volta che volevo incontrare i miei amici o la famiglia. Di conseguenza, mi sono sempre più isolata e l’unica compagnia, quando uscivo di casa, erano i miei genitori. Mia madre leggeva i messaggi dei miei amici prima ancora che io potessi leggerli. Mi sentivo molto male, per questo ho deciso di trasferirmi. Ma non so se è stata la decisione giusta”.

Medico: “Se sua madre la controllava e la maltrattava così tanto, perché pensa che trasferirsi sia stato un errore?”.

Paziente: “Nel periodo in cui ho vissuto nel mio appartamento, mia madre ha continuato a chiamarmi e a mandarmi messaggi. Mi sento sotto pressione perché lei dice che non può vivere senza di me e che si farà del male se non torno. Vedo sempre la sua macchina nel parcheggio: mentre faccio la spesa, mentre sono al lavoro o mentre incontro i miei amici. Ho sempre la sensazione che lei sia nei paraggi. Può essere una coincidenza? L’ho già incontrata molte volte perché mi dispiaceva tanto per lei e avevo paura che si facesse davvero del male”.


Qui di seguito è mostrato un video esemplificativo su come fornire modi per ottenere aiuto. Ulteriori esempi si trovano nelle sezioni Focus su ginecologia/ostetricia, pronto soccorso, pediatria e odontoiatria.

Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.


6. Domande che spesso sorgono quando si parla di Violenza Domestica

Ecco le risposte ad alcune domande che potrebbero essere poste dai professionisti sanitari che lavorano con le vittime di violenza domestica.34

“Cosa posso fare quando ho poche risorse e poco tempo?”

Non ci vuole necessariamente molto tempo e non sono richieste risorse aggiuntive: a volte basta una frase per far capire alla vittima che non è sola, che la violenza non è mai un’opzione accettabile e che può chiedere aiuto se lo desidera. Inoltre, ogni professionista può informarsi sulle risorse disponibili nel sistema sanitario e nella comunità di riferimento, che possano aiutare nella gestione del caso.

“Perchè non offrire consigli?”

È importante che le vittime siano ascoltate e abbiano l’opportunità di raccontare la loro storia ad una persona empatica. La maggior parte delle vittime non vuole sentirsi dire cosa fare. In realtà, ascoltare bene e rispondere con empatia è molto più utile di quanto si possa pensare. Potrebbe essere la cosa più importante da fare. Le vittime devono trovare la propria strada e prendere le proprie decisioni. Parlarne può aiutarle a farlo.

Tuttavia, è opportuno offrire informazioni (ad esempio, tramite opuscoli) sulle risorse disponibili (ad esempio, sostegno finanziario, dati di contatto di strutture di accoglienza e di centri anti-violenza).

“Perché le vittime di violenza semplicemente non abbandonano la persona abusante?”

Sono molte le ragioni che spingono le vittime a rimanere in una relazione violenta. È importante non giudicarle e non esortarle ad andarsene. Devono prendere questa decisione da sole, con i loro tempi. Tra i motivi per cui le vittime non se ne vanno ci sono:

  • Il fatto che si possa verificare una dipendenza finanziaria, sociale, e così via. Alcuni individui dipendono da chi li assiste.
  • Il fatto che alcuni individui possano pensare che la violenza sia normale nelle relazioni e che tutti i partner/familiari siano violenti e controllanti, credendo quindi di meritarsela.
  • Ci può essere paura di una reazione estrema e violenta quando si lascia il partner.
  • La vittima può avere la sensazione di non avere un posto dove andare o nessuno a cui rivolgersi per ottenere supporto.

Maggiori informazioni sulle dinamiche della violenza domestica si trovano nel Modulo 2.

“Come ha fatto questa persona a trovarsi in questa situazione?”

È importante evitare di incolpare la vittima per l’accaduto. Il fatto di incolpare la vittima ostacola la buona assistenza. La violenza non è mai appropriata, in nessuna situazione. Non ci sono scuse o giustificazioni per la violenza. Nessuno merita di essere ferito.

“Non ci hanno insegnato così”

Ai professionisti sanitari viene generalmente insegnato che il loro ruolo principale è quello di diagnosticare il problema e curarlo. Tuttavia, in questa situazione, limitare l’attenzione alle questioni mediche non è utile. È invece necessario assumere un atteggiamento particolarmente empatico, ascoltando, identificando i bisogni e le preoccupazioni della vittima, rafforzando il suo sostegno sociale e aumentando il suo livello di sicurezza. Inoltre, si può aiutare la vittima a vedere e analizzare le proprie opzioni e aiutarla a sentire di avere la forza di prendere e portare a termine decisioni importanti.

“Cosa accade se le vittime decidono di non fare denuncia alla polizia?”

Rispettate la loro decisione. Fate sapere loro che possono cambiare idea. Fate in modo che sappiano che c’è qualcuno con cui possono parlare delle opzioni disponibili e aiutarle a fare la denuncia, se decidono di farlo.

“Come posso assicurare la riservatezza se la legge afferma che devo fare denuncia alla polizia?”

Se la legge impone di denunciare la violenza alla polizia, è necessario informare la persona. Si può dire, ad esempio: “Ciò che mi dici è confidenziale, il che significa che non dirò a nessun altro ciò che condividi con me. L’unica eccezione è…”.

In qualità di professionista sanitario, informatevi sulle specifiche della legge e sulle condizioni in cui siete tenuti a riferire (ad esempio, la legge può richiedere la segnalazione di stupri o abusi su minori). Assicurate alla vittima che, al di fuori di questo obbligo di denuncia, non lo direte a nessun altro senza il loro permesso. Ulteriori informazioni sugli aspetti legali nei diversi Paesi sono reperibili nel Modulo 7.

“E se iniziano a piangere?”

Date loro il tempo di piangere. Potete dire: “So che è difficile parlarne. Si prenda tutto il tempo che vuole”.

“Cosa succede se sospetto una violenza, ma la persona non la dichiara?”

Non cercate di costringere a dichiarare la violenza (i vostri sospetti potrebbero essere sbagliati). Potete comunque fornire assistenza e offrire ulteriore aiuto.

“E se volessero farmi parlare con il loro partner/familiare/assistente?”

Non è una buona idea che vi assumiate questa responsabilità. Tuttavia, se la vittima ritiene che sia sicuro farlo e che questo non peggiori la violenza, può essere utile che qualcuno che lei rispetta parli con un familiare, un amico o un consulente religioso. Avvertite la vittima comunque che, se non viene fatto con attenzione, questo potrebbe portare ad altre violenze.

“E se anche il partner/familiare/caregiver è uno dei/delle miei/mie pazienti?”

È molto difficile continuare a vedere entrambi gli individui quando c’è violenza nella relazione. La prassi migliore è cercare di inviare uno dei due individui a un o una collega, assicurandosi che la riservatezza delle informazioni fornite dalla vittima sia protetta.

“Cosa accade se penso che il partner/familiare/caregiver possa uccidere la vittima?”

Condividete le vostre preoccupazioni con la vittima in modo onesto, spiegate perché pensate che possa essere in grave pericolo e che volete discutere le possibili opzioni per tenerla al sicuro. In questa situazione, è particolarmente importante identificare i luoghi sicuri dove la vittima possa recarsi e offrire alternative valide.

Preparatevi ad affrontare una situazione del genere e tenete a portata di mano un opuscolo con i numeri di telefono dei centri di riferimento (ad esempio di una casa rifugio o un centro anti-violenza). Assicuratevi che questo elenco sia aggiornato.

A seconda della situazione giuridica del Paese, potreste essere obbligati a segnalare il rischio alla polizia.

Chiedete se c’è una persona di fiducia che potete coinvolgere nella discussione e che potete avvisare del rischio.

“E se non riuscissi a gestire quello che sento?”

Le vostre esigenze sono importanti quanto quelle della vittima che assistete. Potreste avere reazioni o emozioni forti quando ascoltate o parlate di violenza con le vittime. Questo vale soprattutto se avete subito abusi o violenze, o se le state subendo ora.

Siate consapevoli delle vostre emozioni e cogliete l’occasione per capire meglio voi stessi.

Assicuratevi di ottenere l’aiuto e il sostegno di cui avete bisogno, per voi stessi. Per ulteriori informazioni sulla cura di sé, consultare il Modulo 9.


7. Comunicazione all’interno delle équipe sanitarie

Possono sorgere problemi con i colleghi o barriere strutturali riguardo al tema della violenza domestica, soprattutto nella frenetica routine di un ospedale o di uno studio medico. Purtroppo, ci sono anche casi in cui il supporto dei colleghi o dei superiori non arriva quando si tratta di violenza domestica, perché questi non vogliono essere coinvolti, non sono consapevoli dei loro obblighi o non hanno avuto una formazione adeguata.

In questo video, un professionista sanitario affronta una conversazione che sottolinea l’importanza di mettere in atto le procedure di sicurezza previste con un collega esitante.

Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

8. Comunicazione Visiva

Spesso le persone che subiscono violenza domestica trovano difficile accedere alle informazioni o ai servizi di supporto. I mezzi di comunicazione visiva svolgono un ruolo cruciale nella sensibilizzazione alla violenza domestica in ambienti medico-sanitari come ospedali e studi medici. È essenziale utilizzare strumenti come poster (ad esempio, con codici QR), volantini o opuscoli posizionati strategicamente nelle sale d’attesa, nei bagni e in altre aree visibili. Nei bagni è possibile collocare informazioni sui servizi di supporto (con avvertimenti appropriati sul fatto di non portare a casa i materiali poiché l’autore del reato potrebbe trovarli). Questi ausili visivi servono a comunicare che la struttura è uno spazio sicuro per parlare di violenza domestica e a rendere immediatamente manifesti i servizi di supporto. Creando un ambiente visivo che affronta apertamente il tema della violenza domestica, è più probabile che le persone si sentano incoraggiate a parlare e a cercare aiuto. Questo approccio proattivo contribuisce a rompere il silenzio sulla violenza domestica e a promuovere un’atmosfera di sostegno all’interno delle strutture sanitarie.

Ricordatevi di:

  • Utilizzare immagini inclusive che rappresentino accuratamente le diverse esperienze delle persone potenzialmente colpite dalla violenza (tutti i generi senza stereotipi).
  • Se possibile, utilizzare informazioni disponibili in più lingue.
  • Scegliere immagini d’impatto che promuovano un messaggio positivo. Evitare quindi immagini dannose come le rappresentazioni della violenza fisica (perché la VD non è solo fisica), le rappresentazioni sessualizzate delle vittime-sopravvissute e immagini esclusive di specifici gruppi demografici.

Qui di seguito sono riportati alcuni esempi di materiale con diversi strumenti:

Segnale internazionale d’aiuto:

Si tratta di un gesto internazionale compiuto con una sola mano per attirare l’attenzione sulla violenza domestica. Può essere utilizzato quando la persona che ha bisogno di aiuto non può parlare ad alta voce, ad esempio perché l’aggressore è nelle vicinanze (in auto, a casa, ecc.).

“Il segnale si esegue tenendo una mano alzata con il pollice piegato sopra il palmo, quindi piegando le altre quattro dita verso il basso, intrappolando simbolicamente il pollice con il resto delle dita” 35

Traduzione di ciò che dice la donna e della scritta di commento laterale

Donna: “Mi puoi dare quella ricetta del pane alla banana?”

In realtà lei non sta chiedendo la ricetta del pane alla banana…

Amica: certo è buonissima e super-facile

Donna: grazie, te ne sono veramente grata: beh so anche che tua madre è una bravissima cuoca…

Lei sta usando il segnale di aiuto universale in caso di VD senza lasciare una traccia digitale


Distribuite opuscoli informativi sulla conoscenza del fenomeno della violenza domestica o sui servizi di consulenza locali. L’ideale è scegliere quelli che si trovano nelle vicinanze e che offrono consulenza anonima online.

Alcuni esempi:


Se non è sicuro dare alla vittima un volantino, è una buona opzione creare, ad esempio, un biglietto da visita con numeri di telefono e indirizzi dedicati senza riferimenti alla VD. Potete vedere un esempio di biglietto da visita per uomini e donne nel sito dedicato all’odontoiatria (focus sull’odontoiatria):


Le spille segnalano che questo è uno spazio sicuro per parlare di violenza domestica

Traduzione dell‘immagine: Uniti Contro la Violenza Domestica; Spazio Sicuro per parlare di violenza domestica


Focus su Ginecologia/Ostetricia, Chirurgia e Pediatria

9. Ginecologia/Ostetricia

In precedenza avete visto un video in cui il medico garantiva uno spazio sicuro per Jocelyn gestendo il marito in modo che egli rimanesse fuori dalla sala visite. Ora osservate il video in cui a Jocelyn viene diagnosticata la clamidia e prestate attenzione allo stile di comunicazione del professionista sanitario.

Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

Domande specifiche – violenza sessuale 36

  • “E’ mai stata toccata in un modo che l’ha fatta sentire a disagio?”.
  • “Qualcuno l’ha mai costretta a compiere qualche atto sessuale senza il suo consenso?”.
  • “Il suo partner si è mai rifiutato di praticare sesso sicuro?”.
  • “C’è qualche episodio in cui qualcuno l’ha fatta sentire sessualmente a disagio anche se inizialmente eravate consenzienti a un contatto?”.

Il video seguente mostra le risposte appropriate da dare ad una paziente che ha ricevuto un test di gravidanza positivo, fornendo opzioni di consulenza e conducendo un’indagine di possibile violenza domestica.

Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

Questo video di esempio mostra Marta durante un consulto per la contraccezione orale. Essendo originaria della Spagna, l’inglese non è la sua lingua madre. Osservate come l’operatore sanitario affronta questa sfida comunicativa.

Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

Esempio di come affrontare il fenomeno della violenza domestica nella pratica ostetrica:

A causa di un fastidio pelvico, l’ostetrica chiede ad Alessia di fornire un campione di urina. Nella toilette dell’ambulatorio ostetrico, Alessia nota un poster con informazioni e dati sulla violenza domestica, a cui sono attaccati dei punti adesivi gialli. Accanto a questi, Alessia legge il messaggio: “Se vuole parlare di violenza domestica, applichi uno di questi punti sotto il contenitore delle urine”. Dopo qualche esitazione, Alessia prende un puntino, lo attacca sotto il contenitore delle urine e lo colloca nell’apposito scomparto. 37


10. Chirurgia, Pronto Soccorso

Purtroppo, gli ambienti clinici affollati pongono numerose sfide nel riconoscere, affrontare e assistere una vittima di violenza domestica.

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Caso Studio: Riconoscere e gestire un caso di sospetta violenza domestica

Robin è arrivata al Pronto Soccorso con una sospetta frattura del braccio, costole incrinate ed ematomi intorno al collo.

Robin ha visto l’infermiere del triage. Ha detto all’infermiere che le sue ferite sono il risultato di una caduta dalle scale del suo appartamento. Ma a causa degli ematomi intorno al collo, il dottor Andersson teme che Robin possa essere vittima di violenza domestica.

Robin: Mi sento una stupida! Non so cosa sia successo, sono solo inciampata in cima alle scale. Cercherò di stare più attenta in futuro. Ci vorrà molto tempo per guarire?

Dottor Andersson: Gli incidenti capitano, Robin. Concentriamoci sul suo miglioramento. Ho notato che di recente è stata qui un po’ di volte. C’è un motivo particolare?

Robin: Credo di essere molto maldestra. Continuo a cadere, sa?

Dr. Andersson: Ma il livido intorno al collo è una lesione molto insolita da riportare in seguito a una caduta. È molto più probabile che sia stato causato da una pressione, magari dalle mani di qualcuno…? Va tutto bene a casa?

Robin: Non so cosa stia insinuando, ma va tutto bene. Per favore, può sistemare il mio braccio e lasciarmi andare a casa?

Dottor Andersson: Voglio assicurarmi che lei riceva le cure giuste. Nonostante quello che dice, sono preoccupato per le sue ferite. Mi può dire qualcosa di più su ciò che sta succedendo a casa?

(Robin rimane in silenzio)

Dottor Andersson: Sono qui per aiutarla, Robin. Se c’è qualcosa che non si sente di condividere, non c’è problema. Ma è fondamentale, per il suo benessere, capire il quadro completo. Ora, per quanto riguarda le ferite, cerchiamo di capire quale sia la migliore cura per la sua guarigione.

Robin: (inizia a piangere) Sa, un paio di mesi fa si è trasferito un nuovo coinquilino. All’inizio si trattava solo di scherzi, pugni divertenti e tutto il resto. Ma poi è peggiorato e mi faceva del male. Quando è stressato dall’università, si sfoga con me. Credo di essere depressa. Non riesco a parlare con nessuno, ho paura e mi sento impotente.

Il dottor Andersson (fa una pausa e lascia a Robin il tempo di farlo):

So che è difficile parlarne. Apprezzo che l’abbia condiviso, Robin. Non è facile. Non deve affrontare tutto questo da sola. Non va bene che il suo coinquilino le faccia del male e che lei abbia paura di lui. È fondamentale affrontare sia i danni fisici che il benessere emotivo. Sono molto preoccupato per la sua sicurezza e vorrei che parlasse con un Centro Anti Violenzao con una ONG specializzata.

Caso adattato da General Medical Council 2023


11. Pediatria

Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

L’abuso sui minori può manifestarsi in forme diverse e il suo impatto su ogni bambino/a è differente. Non tutti i casi comportano ferite visibili, per cui è fondamentale esplorare gli indicatori presenti nel Modulo 2.

Se nella maggior parte dei casi i danni fisici possono non essere evidenti, gli effetti duraturi sullo sviluppo neurologico, cognitivo ed emotivo del/della bambino/a pongono sfide maggiori. Scoprite di più sull’impatto a lungo termine della violenza domestica sui bambini, sia come testimoni che come vittime, cliccando qui.

Parlare di violenza sessuale – È possibile che i/le bambini/e si inventino tutto 38

È importante sapere che le azioni sessuali degli adulti non fanno parte dell’esperienza dei bambini. Pertanto, è altamente improbabile che essi inventino storie o sviluppino “vivide fantasie” al riguardo. Le bugie e l’immaginazione sono tipicamente tentativi dei bambini di farsi notare, di “rendersi importanti”. Tuttavia, poiché la violenza sessuale comporta svalutazione e vergogna, i bambini di solito non inventano questi eventi. In rari casi, possono nominare un’altra persona come autore del reato, forse per proteggere chi è vicino a loro. A volte questo accade perché hanno molta paura di lui o di lei. È anche possibile che singole parti del loro racconto siano errate, ma che le informazioni di base siano comunque accurate.

Questo vale anche per gli adolescenti, anche se le interazioni sessuali degli adulti possono far parte della loro esperienza. A differenza dei bambini, possono essere più inclini a inventare casi di violenza sessuale. Allo stesso tempo, gli adolescenti sono ben consapevoli delle potenziali conseguenze a cui potrebbero andare incontro: le vittime adolescenti vengono spesso incolpate e/o stigmatizzate. Pertanto, sono pochi gli adolescenti che, come i bambini, inventano situazioni per fare del male agli adulti.

Sia gli adolescenti che i bambini, che spesso hanno notevoli ostacoli da superare per comunicare, meritano di essere creduti, evitando di generare in loro stessi incredulità di riflesso. La paura di non essere creduti è, tra l’altro, uno dei motivi per cui molti di loro scelgono di tacere.

E se distruggesse la famiglia? 39

Una delle più grandi paure dei bambini e degli adolescenti che subiscono violenza domestica/sessuale all’interno della famiglia è che la famiglia vada in pezzi se iniziano a parlare. Si sentono quindi responsabili per la famiglia. Ed è ancora più grave il fatto che questa paura sia in realtà giustificata. Spesso devono sopportare l’ignoranza o le accuse degli altri membri della famiglia una volta trovato il coraggio di dire ciò che sta succedendo o che è successo.

Questo approccio così evasivo e di scarsa responsabilità nei confronti delle vittime, tuttavia, aumenta le responsabilità. Non è la rivelazione della violenza domestica/sessuale all’interno di una famiglia a scuoterla nelle sue fondamenta. La distruzione è avvenuta molto tempo prima: quando un genitore o un altro membro della famiglia ha usato il “santuario” privato della famiglia, dove i bambini e tutti gli altri membri della famiglia dovrebbero sentirsi al sicuro, protetti e in confidenza tra loro, per iniziare e perpetrare la violenza.

E se si trattasse di un falso sospetto? 40

La preoccupazione di fare ingiustizia a qualcuno per un sospetto è molto diffusa. La maggior parte dei falsi sospetti non deriva dal fatto che i bambini o gli adolescenti mentono, ma piuttosto dal fatto che gli adulti esprimono rapidamente dei sospetti quando trovano situazioni o comportamenti specifici, particolari o sospetti. Alcune persone interpretano ad esempio alcuni cambiamenti di comportamento di bambini e adolescenti come segnali apparentemente certi di violenza domestica/sessuale o fraintendono le loro dichiarazioni. Alcuni sono così preoccupati che parlano in modo distorto con i bambini o gli adolescenti, spingendoli involontariamente a dare proprio le risposte attese dagli adulti.

Allo stesso tempo, dobbiamo sapere che un sospetto non può essere risolto semplicemente affrontando la persona sospettata. Sia le persone accusate ingiustamente che i colpevoli negano ugualmente tali accuse. Ecco perché è fondamentale che siano professionisti esperti a parlare con bambini e adolescenti. Essi sono in grado di valutare al meglio come interpretare le dichiarazioni e se un sospetto può essere avvalorato o, al contrario, dissipato attraverso queste dichiarazioni.

Perché I bambini e le bambine tendono a non dichiarare gli abusi? 41

I motivi per cui i/le bambini/e e gli adolescenti non rivelano, anche in presenza di prove fisiche o di un’ammissione di reato da parte del presunto abusante, sono molteplici. Questi includono, ma non solo, i seguenti motivi:

  • la persona che ha subito l’abuso sessuale, o un altro membro della famiglia, si sente in colpa, ha paura, si vergogna o si imbarazza
  • la mancanza di capacità linguistiche per comunicare l’abuso
  • la paura di non essere creduti
  • la paura di essere puniti
  • la paura di minacce da parte del presunto abusante o di un’altra persona importante
  • la paura che le cose peggiorino a causa dell’intervento di un adulto o di precedenti esperienze negative
  • le risposte del sistema e della comunità, come la paura di ciò che accadrà in seguito alla divulgazione della notizia
  • il trauma – la gravità dell’abuso, l’incapacità di ricordarne i dettagli
  • la dissociazione, che può verificarsi sia durante il colloquio o la presa in carico del/della bambino/a, limitando così la capacità del professionista di ottenere informazioni, sia durante l’abuso, che influisce sulla capacità del bambino o della bambina di ricordare o articolare il ricordo dell’abuso stesso
  • l’incapacità di riconoscere l’attività vissuta come abusiva
  • le considerazioni culturali (descritte più avanti)
  • il non voler parlare con estranei
  • il genere dell’intervistatore
  • la mancanza di sostegno da parte dei genitori, esplicito o implicito
  • la mancanza di fiducia negli adulti e nella loro capacità di aiutare.

Alcuni/e bambini/e e adolescenti possono scegliere di non comunicare verbalmente la violenza domestica, mentre altri possono rivelarla indirettamente, accennando ai dettagli o esprimendola in modo indiretto, ad esempio dicendo “a volte il mio patrigno infastidisce il mio papà” o “mia zia, che vive con noi, urla molto”. È fondamentale riconoscere questi segnali e rispondere a queste rivelazioni indirette.

Inoltre, molte vittime si sentono incerte perché l’autore del reato è una persona a loro cara. Offrite un sostegno iniziale sensibile al genere e incentrato sul/sulla bambino/bambina o sull’adolescente. Questo comporta: 42

  • ascoltare con rispetto ed empatia le informazioni fornite;
  • informarsi sulle preoccupazioni e sui bisogni del/della bambino/a o dell’adolescente e rispondere a tutte le domande;
  • offrire una risposta non giudicante ma validante;
  • intraprendere azioni per migliorare la loro sicurezza e ridurre al minimo i danni, compresa la divulgazione e, ove possibile, la probabilità che l’abuso continui; ciò include la garanzia di una privacy visiva e uditiva;
  • fornire sostegno emotivo e pratico facilitando l’accesso ai servizi psicosociali;
  • fornire informazioni adeguate all’età su ciò che verrà fatto per fornire loro assistenza, compresa l’eventualità che la loro rivelazione di abuso debba essere segnalata alle autorità competenti;
  • occuparsi di loro in modo tempestivo e in accordo con i loro bisogni e desideri;
  • dare priorità alle esigenze mediche immediate e al supporto di prima linea;
  • rendere l’ambiente e il modo in cui viene fornita l’assistenza adeguati all’età, nonché sensibili alle esigenze di coloro che subiscono discriminazioni legate, ad esempio, alla disabilità o all’orientamento sessuale;
  • ridurre al minimo la necessità di rivolgersi a più punti di assistenza;
  • fornire informazioni al genitore non abusante o alla persona che ha in affido la vittima per comprendere i possibili sintomi e comportamenti che questa potrebbe manifestare nei giorni o nei mesi successivi e indicazioni su quando cercare ulteriore aiuto.

Domande di screening

Porre domande semplici. I/le bambini/e e gli adolescenti non devono essere “interrogati”. Consentire i silenzi. Se piangono, concedete loro il tempo necessario per riprendersi.

“C’è qualcosa che ti rende triste o preoccupato?”.

“Alcuni bambini possono avere paura a casa. Cosa credi che possa spaventarli?”.

“Cosa succede a casa vostra (o all’asilo) quando le persone si arrabbiano?” 43

“Il segno sul braccio è il risultato di una punizione fisica dei tuoi genitori?”.


Creare fiducia e mostrare empatia

In questo modo è possibile fornire supporto attraverso la validazione e l’empatia. Il/la bambino/a e l’adolescente devono essere rassicurati/e.

“Ti credo”.

“Sono felice che tu sia venuto/a da me”.

“Mi dispiace che sia successo”.

“Grazie per aver condiviso con me queste informazioni”.

Ulteriori esempi:

“Sono qui per ascoltarti e sostenerti”. 44

“Molte persone vivono esperienze di questo tipo e non è colpa tua”. 45

So che ci vuole molto coraggio per parlarne”. 46

“Non sei solo/a”.47

“Niente di ciò che hai fatto ha causato questo”.48

“Sei degno/a e meritevole di una vita sicura e felice”. 49

“Dovresti sentirti fortunato di essere sopravvissuta”.

“Povero te”


Va bene fare una pausa

Non fate pressioni perché i bambini e gli adolescenti raccontino la loro storia. Non guardate l’orologio e non parlate troppo velocemente. Non rispondere al telefono, non guardate il computer e non scrivete. Non interrompete e aspettate che essi abbiano finito prima di fare domande.

“Io sono qui”.

“Anche se ti senti a disagio, è meglio parlarne. Quindi, per favore, rispondi alle mie domande”.


Togliere il carico al/alla bambino/a e all‘adolescente

Se la vittima non è pronta a parlare della situazione, non forzatela. Riconoscete il momento giusto e fateglielo sapere. Smettere di fare pressione.

“Ciò che sta accadendo in casa tua non è colpa tua”. 50

“È normale avere sentimenti contrastantiper uno o entrambi i genitori/familiari”.

“Non dovresti sentirti così”.

“Perché i tuoi genitori litigano?”


Il SUPER LISTENER è stato progettato da bambini e ragazzi che hanno subito abusi domestici. Power Up/Power Down è stato un progetto partecipativo che studiava come migliorare la comunicazione con i/le bambini/e durante un processo o una fase legale. I bambini che hanno partecipato a questo programma hanno ritenuto importante che tutti gli adulti che lavorano con i/le bambini/e sappiano cosa li rende un SUPER ASCOLTATORE.

Per informazioni, visitate il sito: https://www.cypcs.org.uk/resources/super-listener-poster/

Sei un super-ascoltatore?

A SIN: sei gentile, sai cosa stai facendo, rimani calmo/a anche quando sei sotto pressione, usi le mani per comunicare, hai un abbigliamento casual, credi nei bambini, dimostri che ci tieni e sei un amico/a.

A DX: hai occhi che individuano i problemi e una bocca che sa come comunicare, conosci i diritti die bambini, sei rispettoso/a, non giudichi, parlerai con gli adulti per te, sai fari ridere, mantieni le promesse.


Genitori o caregiver

Guardate il video su come sostenere un caregiver che non ha dichiarato la violenza domestica in ambito pediatrico.

Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

Esistono alcune fonti utili su come comunicare bene con i bambini vittime di violenza domestica e sessuale (opuscoli, pubblicazioni e siti internet in inglese):

https://www.ojp.gov/pdffiles1/Photocopy/161623NCJRS.pdf

https://www.jstor.org/stable/pdf/42854957.pdf

https://www.nationalcac.org/wp-content/uploads/2016/10/Dynamics-of-forensic-interviews-with-suspected-abuse-victims-who-do-not-disclose-abuse.pdf


Focus sull’odontoiatria

12. Odontoiatria

Caso studio: Riconoscere i “segnali di allarme” e modalità di comunicazione in un caso di sospetto di violenza nello studio dentistico

La signora Miller si presenta come nuova paziente presso uno studio dentistico. Lamenta un persistente mal di denti alla mascella superiore. Il dentista nota subito il comportamento ansioso e timido della paziente. Sebbene la paziente abbia già compilato un modulo di anamnesi in sala d’attesa, il dentista si prende un momento per conoscerla meglio.

Dentista: “Si è trasferita da poco a K., signora Miller?”. 

Signora Miller: “No, io e mio marito viviamo qui da sette anni. Non ho ancora avuto problemi con i denti. Ma ora il mal di denti mi sta facendo passare notti insonni tanto da essere insopportabile”.

Dentista: “Va bene, allora darò un’occhiata più da vicino”. All’inizio della visita, il dentista riconosce una piccola petecchia intorno agli occhi della paziente.

Quando prova a guardare la bocca della signora Miller con lo specchio, la paziente si ritrae immediatamente. “Sto facendo molta attenzione”, dice alla paziente. “Sto solo cercando di avere una visione d’insieme per capire da dove potrebbe provenire il dolore”.

La signora Miller annuisce, ma il suo corpo non si rilassa. La postura contratta rimane. Quando la signora Miller si spaventa durante la visita, la sua sciarpa scivola e il dentista vede diversi ematomi viola scuro e già sbiaditi sul collo. Il dentista se ne accorge e non ci pensa due volte.

Poiché durante la visita il dentista non riesce ad identificare una chiara causa del mal di denti, ordina una radiografia. “È davvero necessario?”, chiede la signora Miller. “Sì, assolutamente”, risponde il dentista. “Questa è la sua prima visita oggi. Vorrei avere una visione d’insieme. Le radici e le eventuali infiammazioni in questa sede possono essere diagnosticate solo con una radiografia. Per questo vorrei fare un’immagine d’insieme (OPT:ortopantomografia/PSA) per studiare tutti i denti, le ossa  mascellari ed entrambe le articolazioni temporo-mandibolari. Inoltre, con la sola visita non si identifica chiaramente da dove proviene esattamente il dolore, in particolare da quale dente. Purtroppo non posso aiutarla senza avere maggiori informazioni. Una radiografia non è affatto dolorosa. La macchina gira intorno a lei una sola volta!”.

Quando il dentista vede la radiografia, rimane sconvolto. Riconosce nella radiografia una frattura della mascella inferiore. Si chiede perché la signora Miller non sia venuta prima. Deve essere stato un dolore infernale. Quando la signora Miller torna alla sua poltrona, il dentista menziona la frattura della mascella.

Dentista: “Dalla radiografia vedo una frattura recente della mascella inferiore, che potrebbe essere responsabile del dolore. Si ricorda come si è verificato questo infortunio?”.

La signora Miller risponde: “Oh, è stato molto tempo fa. Non riesco più a ricordarlo”.

Dentista: “A casa va tutto bene? Queste lesioni si verificano spesso quando qualcuno è stato aggredito da qualcuno. Era questo il suo caso? Ho visto anche diversi ematomi sul collo”.

Gli occhi della signora Miller si riempiono di lacrime, ma non risponde alle domande. Il dentista la rispetta e non vuole farle pressione.

Alla fine del trattamento, tuttavia, il dentista le consegna una sorta di biglietto da visita con i numeri nascosti dei rifugi per donne e delle linee telefoniche dirette dei centri-antiviolenza e le spiega che può recarsi lì se qualcosa a casa la spaventa o se non si sente più al sicuro. La paziente è inoltre invitata a mettersi in contatto con lui in caso di necessità e le dice che a nessuno è permesso fare del male o spaventare un’altra persona.

Il dentista raccomanda alla paziente di tornare per continuare il trattamento e annota il tutto nella cartella clinica. Si ripromette di parlare di nuovo con la signora Miller della situazione a casa.

Possibili ragioni per cui le vittime non parlano di violenza domestica nello studio dentistico: 51

  • Presunzione che il dentista non abbia tempo a sufficienza per farlo
  • Inibizione in caso di presenza di altro personale nella sala di cura
  • Barriere linguistiche, ad esempio utilizzo di familiari come interpreti
  • Presunzione che il dentista non abbia familiarità con il problema e non sia la persona giusta con cui parlarne
  • Imbarazzo, insicurezza, mancanza di fiducia
  • Genere del dentista, ad esempio in una conversazione privata

Aiuto nella pratica clinica quotidiana: 52

Le informazioni sullo screening della violenza domestica possono essere incluse direttamente nel modulo di anamnesi, ad esempio: “E’ nostra prassi chiedere ai/alle nostri/e pazienti informazioni sulla violenza domestica!”. Quanto più i dentisti sanno come aiutare le persone colpite dalla violenza domestica e quanto più sono informati sul tema in generale, tanto più si sentiranno sicuri nel sollevare la questione.

Si possono affiggere poster nella sala d’attesa e rendere disponibili opuscoli informativi. Per ulteriori informazioni si consulti il punto 8. Comunicazione Visiva. Se non è valutato sicuro dare alla vittima un volantino, è una buona opzione progettare un biglietto da visita, ad esempio, con numeri e indirizzi nascosti. In questo esempio, è stato progettato un biglietto da visita per le donne e uno per gli uomini, contenente informazioni sui centri di assistenza nella zona di Münster (Germania).


Diagramma di flusso nello studio dentistico



Fonti

  1. RACGP, Factsheet: Improving Responses, https://www.racgp.org.au/familyviolence/resources.htm, accessed 10.01.2024 ↩︎
  2. Levinson W, Gorawara-Bhat R, Lamb J. A Study of Patient Clues and Physician Responses in Primary Care and Surgical Settings. JAMA. 2000;284(8):1021–1027. doi:10.1001/jama.284.8.1021 ↩︎
  3. Suzanne C. Tayal, MDa; Kristen Michelson, PhDb; Neeraj H. Tayal, MDc “Empathetic Listening Honor the Patient Experience During Crisis”, American Medical Association (AMA), 2016.
    https://edhub.ama-assn.org/steps-forward/module/2702561#section-249301126 ↩︎
  4. Suzanne C. Tayal, MDa; Kristen Michelson, PhDb; Neeraj H. Tayal, MDc “Empathetic Listening Honor the Patient Experience During Crisis”, American Medical Association (AMA), 2016.
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  5. Suzanne C. Tayal, MDa; Kristen Michelson, PhDb; Neeraj H. Tayal, MDc “Empathetic Listening Honor the Patient Experience During Crisis”, American Medical Association (AMA), 2016.
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  6. Trauma-Informed Care Implementation Resource Center, https://www.traumainformedcare.chcs.org/what-is-trauma-informed-care/, accessed 11.01.2024 ↩︎
  7. Trauma-Informed Care Implementation Resource Center, https://www.traumainformedcare.chcs.org/what-is-trauma-informed-care/, accessed 11.01.2024 ↩︎
  8. “What Is Patient-Centered Care? Explore the definition, benefits, and examples of patient-centered care. How does patient-centered care translate to new delivery models?”  NEJM Catalyst, January 1, 2017, accessed 11.02.2024.
    https://catalyst.nejm.org/doi/full/10.1056/CAT.17.0559 ↩︎
  9. “A National Protocol for Intimate Partner Violence Medical Forensic Examinations”, U.S. Department of Justice Office on Violence Against Women, May 2023, p. 20, accessed 11.01.24. ↩︎
  10. “A National Protocol for Intimate Partner Violence Medical Forensic Examinations”, U.S. Department of Justice Office on Violence Against Women, May 2023, p. 21, accessed 11.01.24. ↩︎
  11. “A National Protocol for Intimate Partner Violence Medical Forensic Examinations”, U.S. Department of Justice Office on Violence Against Women, May 2023, p. 21, accessed 11.01.24. ↩︎
  12. National LGBTQIA+ Health Education Center, “Affirmative Services for Transgender and Gender-Diverse People – Best Practices for Frontline Health Care Staff”, 2020, https://www.lgbtqiahealtheducation.org/publication/affirmative-services-for-transgender-and-gender-diverse-people-best-practices-for-frontline-health-care-staff/, accessed 11.02.2024. ↩︎
  13. “A National Protocol for Intimate Partner Violence Medical Forensic Examinations”, U.S. Department of Justice Office on Violence Against Women, May 2023, p. 28, accessed 11.01.24.
    https://www.safeta.org/wp-content/uploads/2023/05/IPVMFEProtocol.pdf ↩︎
  14. www.endgv.org, Working together for gender equity and social justice in King County,
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  15. www.endgv.org, Working together for gender equity and social justice in King County,
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  16. Rhodes KV, Frankel RM, Levinthal N, Prenoveau E, Bailey J, Levinson W. “You’re not a victim of domestic violence, are you?” Provider patient communication about domestic violence. Ann Intern Med. 2007 Nov 6;147(9):620-7. doi: 10.7326/0003-4819-147-9-200711060-00006. PMID: 17975184; PMCID: PMC2365713. ↩︎
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  22. www.endgv.org, Working together for gender equity and social justice in King County,
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  23. www.endgv.org, Working together for gender equity and social justice in King County,
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  24. www.endgv.org, Working together for gender equity and social justice in King County,
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  25. www.endgv.org, Working together for gender equity and social justice in King County,
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  26. Ashur M. L. (1993). Asking about domestic violence: SAFE questions. JAMA, 269(18), 2367. ↩︎
  27. Ashur M. L. (1993). Asking about domestic violence: SAFE questions. JAMA, 269(18), 2367. ↩︎
  28. Rhodes KV, Frankel RM, Levinthal N, Prenoveau E, Bailey J, Levinson W. “You’re not a victim of domestic violence, are you?” Provider patient communication about domestic violence. Ann Intern Med. 2007 Nov 6;147(9):620-7. doi: 10.7326/0003-4819-147-9-200711060-00006. PMID: 17975184; PMCID: PMC2365713. ↩︎
  29. Thackeray, J., Livingston, N., Ragavan, M. I., Schaechter, J., Sigel, E., COUNCIL ON CHILD ABUSE AND NEGLECT, & COUNCIL ON INJURY, VIOLENCE, AND POISON PREVENTION (2023). Intimate Partner Violence: Role of the Pediatrician. Pediatrics, 152(1), e2023062509. https://doi.org/10.1542/peds.2023-062509 ↩︎
  30. Safe+Equal “Identifying family violence”, accessed 12.01.2024. https://safeandequal.org.au/working-in-family-violence/identifying-family-violence/ ↩︎
  31. World Health Organization, Clinical Handbook “Health Care for Women Subjected to Intimate Partner Violence or Sexual Violence”, 2014, p. 19.  
    http://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/136101/WHO_RHR_14.26_eng.pdf;jsessionid=2BA58E813B52A1105271DB988D1AAC88?sequence=1 ↩︎
  32. World Health Organization, Clinical Handbook “Health Care for Women Subjected to Intimate Partner Violence or Sexual Violence”, 2014.  
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  33. World Health Organization, Clinical Handbook “Health Care for Women Subjected to Intimate Partner Violence or Sexual Violence”, 2014, p. 19.  
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  34. World Health Organization, Clinical Handbook “Health Care for Women Subjected to Intimate Partner Violence or Sexual Violence”, 2014.  
    http://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/136101/WHO_RHR_14.26_eng.pdf;jsessionid=2BA58E813B52A1105271DB988D1AAC88?sequence=1 ↩︎
  35. Nadia, Ebrahim (April 22, 2020). “This Secret Signal Could Help Women in Lockdown with Their Abusers”. Refinery29. Accessed 12.02.2024. https://www.refinery29.com/en-ca/2020/04/9699234/domestic-violence-quarantine-coronavirus-signal-help ↩︎
  36. [1] Ashur M. L. (1993). Asking about domestic violence: SAFE questions. JAMA, 269(18), 2367. ↩︎
  37. Translated and adapted from Schäfers, R. (2012). Gesundheitsförderung durch Hebammen: Fürsorge und Prävention rund um Geburt und Mutterschaft (1st ed.). Schattauer. p. 127. ↩︎
  38. Bundesministerium für Familie, Senioren, Frauen und Jugend (BMFSFJ) und der Unabhängigen Beauftragten für Fragen des sexuellen Kindesmissbrauchs (UBSKM), Kampagne: “Nicht wegschieben”, accessed 12.01.2024. https://nicht-wegschieben.de/informieren ↩︎
  39. Bundesministerium für Familie, Senioren, Frauen und Jugend (BMFSFJ) und der Unabhängigen Beauftragten für Fragen des sexuellen Kindesmissbrauchs (UBSKM), Kampagne: “Nicht wegschieben”, accessed 12.01.2024. https://nicht-wegschieben.de/informieren ↩︎
  40. Bundesministerium für Familie, Senioren, Frauen und Jugend (BMFSFJ) und der Unabhängigen Beauftragten für Fragen des sexuellen Kindesmissbrauchs (UBSKM), Kampagne: “Nicht wegschieben”, accessed 12.01.2024. https://nicht-wegschieben.de/informieren ↩︎
  41. Alaggia et al, 2017; Moore et al, 2015; DeVoe and Faller, 1999; Faller, 2003; London et al, 2008; Paine and Hansen, 2002 in https://cspm.csyw.qld.gov.au/practice-kits/child-sexual-abuse/working-with-children/seeing-and-understanding/understanding-indicators-of-child-sexual-abuse-and#Barriers_to_disclosure
    Health care providers’ responses to sexually abused children and adolescents: a systematic review – PMC (nih.gov) ↩︎
  42. World Health Organization. (2017). Responding to children and adolescents who have been sexually abused: WHO clinical guidelines. World Health Organization. P. 18-19. https://www.who.int/publications/i/item/9789241550147 ↩︎
  43. Standord Medicine, Child Abuse – Screening Children, accessed 25.1.24, https://childabuse.stanford.edu/screening/children.html ↩︎
  44. Thackeray, J., Livingston, N., Ragavan, M. I., Schaechter, J., Sigel, E., COUNCIL ON CHILD ABUSE AND NEGLECT , & COUNCIL ON INJURY, VIOLENCE, AND POISON PREVENTION (2023). Intimate Partner Violence: Role of the Pediatrician. Pediatrics, 152(1), e2023062509. https://doi.org/10.1542/peds.2023-062509 ↩︎
  45. Thackeray, J., Livingston, N., Ragavan, M. I., Schaechter, J., Sigel, E., COUNCIL ON CHILD ABUSE AND NEGLECT , & COUNCIL ON INJURY, VIOLENCE, AND POISON PREVENTION (2023). Intimate Partner Violence: Role of the Pediatrician. Pediatrics, 152(1), e2023062509. https://doi.org/10.1542/peds.2023-062509 ↩︎
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  48. Thackeray, J., Livingston, N., Ragavan, M. I., Schaechter, J., Sigel, E., COUNCIL ON CHILD ABUSE AND NEGLECT , & COUNCIL ON INJURY, VIOLENCE, AND POISON PREVENTION (2023). Intimate Partner Violence: Role of the Pediatrician. Pediatrics, 152(1), e2023062509. https://doi.org/10.1542/peds.2023-062509 ↩︎
  49. Thackeray, J., Livingston, N., Ragavan, M. I., Schaechter, J., Sigel, E., COUNCIL ON CHILD ABUSE AND NEGLECT , & COUNCIL ON INJURY, VIOLENCE, AND POISON PREVENTION (2023). Intimate Partner Violence: Role of the Pediatrician. Pediatrics, 152(1), e2023062509. https://doi.org/10.1542/peds.2023-062509 ↩︎
  50. Standord Medicine, Child Abuse – Screening Children, accessed 25.1.24, https://childabuse.stanford.edu/screening/children.html ↩︎
  51. Femi-Ajao, O. (2021). Perception of women with lived experience of domestic violence and abuse on the involvement of the dental team in supporting adult patients with lived experience of domestic abuse in England: a pilot study. International journal of environmental research and public health, 18(4), S.5
    https://www.mdpi.com/1660-4601/18/4/2024 ↩︎
  52. Jailwala, M., Timmons, J. B., Gül, G., Ganda, K. (2016). Recognize the Signs of Domestic Violence. Decisions in Dentistry. Aufgerufen: 13.12.2023
    https://decisionsindentistry.com/article/recognize-the-signs-of-domestic-violence/ ↩︎