Modulo 6: Standard internazionali e quadri giuridici in Europa

1. Quadri Internazionali

Focus sulla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul)
2. Fatti salienti della Convenzione di Istanbul

3. Quadri Nazionali in Italia

Fonti

Introduzione

Benvenuti nel Modulo 6 dedicato a “Standard internazionali e quadri giuridici in Europa”.

Il modulo 6 vi fornirà una panoramica dei quadri internazionali, come la Convenzione di Istanbul, e delle modalità di attuazione, nonché dei quadri giuridici nazionali dei Paesi partner dei progetti IMPROVE e VIPROM. Nello specifico qui sarà trattato il quadro nazionale dell’Italia.

Obiettivi di apprendimento

+ Comprendere quali sono gli standard internazionali e i quadri giuridici esistenti in Europa.

Da notare che i materiali didattici non presentano i quadri giuridici nazionali di tutti i Paesi europei, ma solo i principi generali di alcuni Paesi (Austria, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Portogallo, Spagna, Svezia).


1. Quadri Internazionali

Questa sezione raccoglie le convenzioni e le dichiarazioni internazionali ed europee che vincolano le nazioni a riconoscere la violenza contro le donne come una violazione dei diritti umani. I Paesi che ratificano questi accordi si impegnano a integrare gli standard globali nelle loro leggi nazionali. Inoltre, sono inclusi come riferimento i quadri strategici e i documenti politici relativi alla violenza domestica.

Standard generali

Le organizzazioni internazionali hanno definito una serie di standard minimi che i governi e i fornitori di servizi dovrebbero raggiungere e attuare per adempiere all’obbligo internazionale di indagare sugli atti di violenza e punirli, fornire protezione alle vittime e prevenire la violenza domestica.

  • Gli standard di base comprendono la riservatezza, la sicurezza e il rispetto per gli utenti dei servizi, l’accessibilità e la disponibilità.
  • Il supporto dovrebbe essere disponibile gratuitamente e gli interventi dovrebbero utilizzare i principi di empowerment e autodeterminazione.
  • I fornitori di servizi devono essere qualificati, sensibili al genere, avere una formazione continua e condurre il loro lavoro in conformità con linee guida, protocolli e codici etici chiari e, ove possibile, garantire la presenza di personale femminile.
  • Ogni fornitore di servizi deve mantenere la riservatezza e la privacy della vittima e deve cooperare e coordinarsi con tutti gli altri servizi competenti. Dovrebbe monitorare e valutare la fornitura dei servizi, cercando di coinvolgere gli utenti.
  • Devono essere riconosciute le competenze delle ONG specializzate.
  • Gli standard indicano anche l’importanza dell’approccio integrato alla violenza domestica. Essi sottolineano la necessità di coordinamento tra le agenzie e di creazione di catene di intervento, processi di riferimento e protocolli.
  • Il modo migliore per fornire servizi è attraverso uno “sportello unico” o le équipe multidisciplinari, così come gli approcci “centrati sulla persona”.
  • Ove opportuno, una serie di servizi di protezione e supporto dovrebbe essere ubicata nella stessa sede.

L’UDHR, adottata nel 1948, stabilisce i principi fondamentali dei diritti umani. Tra gli articoli rilevanti vi è l’articolo 5, che enfatizza il diritto alla libertà e alla sicurezza, pertinente nel contesto della violenza domestica.1

Per saperne di più sull’UDHR, cliccate sul seguente video:

Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

Le immagini seguenti illustrano e spiegano in forma semplificata gli articoli dell’UDHR:

Fonte: Nazioni Unite. Dichiarazione universale dei diritti umani illustrata (in inglese).https://www.ohchr.org/en/universal-declaration-of-human-rights/illustrated-universal-declaration-human-rights

Nazioni Unite. 1948. Dichiarazione universale dei diritti umani (in inglese) https://www.un.org/en/about-us/universal-declaration-of-human-rights


Fin dalla Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne del 1995, questa dichiarazione sottolinea l’importanza di eliminare la violenza contro le donne, anche nella sfera domestica e suggerisce alcune azioni strategiche per affrontare questo problema.2

La Piattaforma d’azione copre 12 aree critiche di interesse:

Source: UN Women. 12 critical areas.

La Piattaforma stabilisce anche un’agenda per i governi, le organizzazioni internazionali, la società civile e il settore privato, per salvaguardare i diritti umani delle donne e garantire che il genere sia preso in considerazione in tutte le politiche e i programmi nazionali, regionali e internazionali.

I progressi nell’attuazione del programma della Piattaforma d’azione di Pechino (BPFA – Beijing Platform for Action) vengono esaminati dalla Commissione sullo status delle donne (CSW – Commission on the Status of Women) ogni cinque anni. A questo proposito, sin dalla prima revisione del 2000, le Commissioni regionali delle Nazioni Unite sono state incaricate di preparare, in collaborazione con le organizzazioni regionali, rapporti regionali sui progressi compiuti nell’attuazione della BPFA. Questi rapporti si basano sulle revisioni nazionali condotte da ciascuno dei Paesi membri delle Nazioni Unite e confluiscono in un rapporto globale che viene revisionato dal Segretariato della CSW, presso le Donne dell’ONU, e divulgato dal Segretario Generale all’Assemblea Generale.

Finora sono state condotte cinque revisioni – nel 2000, 2005, 2010, 2015 e 2020 – e ciascuna di esse è confluita in un documento finale in cui i Paesi si impegnano a proseguire gli sforzi per raggiungere gli obiettivi globali relativi ai diritti delle donne e delle ragazze. Il documento finale delinea inoltre le azioni prioritarie per i cinque anni successivi.

Fonte (in inglese): Nazioni Unite. 1995. Dichiarazione e Piattaforma d’azione di Pechino: https://www.un.org/womenwatch/daw/beijing/pdf/BDPfA%20E.pdf


Adottata nel 1979, la CEDAW è uno strumento fondamentale per la promozione dei diritti delle donne. L’articolo 2, lettera f), prevede l’obbligo di eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne, compresa la violenza di genere e quella domestica.3

La serie “CEDAW Quick & Concise” spiega i tre principi fondamentali della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW – Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination against Women).

Principio I: Uguaglianza sostanziale

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Principio II: Non-discriminazione

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Principio III: Obbligo dello Stato

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Nazioni Unite. 1979. Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) consultabile in inglese su: https://www.ohchr.org/en/instruments-mechanisms/instruments/convention-elimination-all-forms-discrimination-against-women


Adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1993, la DEVAW è un documento completo che affronta il tema della violenza contro le donne, compresa la violenza domestica. Chiede l’eliminazione della violenza e la promozione dell’uguaglianza di genere.4

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I 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere

  • I 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere sono una campagna internazionale annuale che prende il via il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, e si protrae fino al 10 dicembre, Giornata dei diritti umani.
  • La campagna è stata avviata da attivisti/e in occasione dell’inaugurazione del Women’s Global Leadership Institute, nel 1991.
  • La campagna viene utilizzata come strategia organizzativa dai singoli individui e dalle organizzazioni di tutto il mondo per chiedere la prevenzione e l’eliminazione della violenza contro le donne e le ragazze.
  • A sostegno di questa iniziativa della società civile, il Segretario generale delle Nazioni Unite ha lanciato nel 2008 la campagna UNITE by 2030 to End Violence against Women, che si svolge parallelamente ai 16 giorni di attivismo.
  • Ogni anno, la Campagna UNITE si concentra su un tema specifico.
Fonte (in inglese): Donne ONU Asia e Pacifico. In Evidenza: 16 Giorni di Attivismo contro la Violenza di Genere  Traduzione della figura: Poni fine alla violenza contro le donne. UNITEVI! Attivismo per la fine della violenza contro le donne e le ragazze! Donne ONU.

Il database globale sulla Violenza contro le Donne  (in inglese) è una risorsa online progettata per fornire informazioni complete e aggiornate sulle misure adottate dai governi per affrontare la violenza contro le donne, nelle aree delle leggi e delle politiche, della prevenzione, dei servizi e dei dati statistici.


La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC) è un accordo internazionale giuridicamente vincolante che stabilisce i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali di ogni bambino/a, indipendentemente dalla sua razza, religione o abilità. Sebbene si concentri principalmente sui diritti dei/delle bambini/e, la CRC è rilevante per la violenza domestica quando questa ha un impatto sui/sulle bambini/e. L’articolo 19 tratta specificamente della protezione dei bambini/e da ogni forma di violenza, abuso e negligenza.5

Per visualizzare la Convenzione in Italiano cliccare qui: https://www.fedlex.admin.ch/eli/cc/1998/2055_2055_2055/it

Date un’occhiata alle immagini seguenti per scoprire cosa trattano gli altri articoli:

Fonte (in inglese): Centro risorse per i diritti dell’infanzia di Save the Children.Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dell’Infanzia; La versione per i Bambini/le Bambine  

Fonte (in inglese): Nazioni Unite: Nazioni Unite. 1989. Convenzione sui diritti del fanciullo. https://www.ohchr.org/en/instruments-mechanisms/instruments/convention-rights-child



La CRPD, adottata nel 2006, sottolinea i diritti delle persone con disabilità, tra cui la protezione dallo sfruttamento, dalla violenza e dagli abusi. Le persone con disabilità possono essere più vulnerabili alla violenza domestica e la Convenzione richiede misure per garantire la loro protezione.6

Nel video che segue, alcune persone con disabilità spiegano i diritti sanciti dalla CRPD:

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Fonte (in inglese): Nazioni Unite. 2006. Convenzione sui diritti delle persone con disabilità. https://www.ohchr.org/en/instruments-mechanisms/instruments/convention-rights-persons-disabilities


La Convenzione sui rifugiati, del 1951, è un importante strumento internazionale che tratta in modo specifico i diritti e le tutele dei rifugiati, compresi quelli che possono fuggire da situazioni di violenza domestica o altre forme di persecuzione. La Convenzione delinea i diritti e i benefici che dovrebbero essere garantiti ai rifugiati, compreso l’accesso al sistema legale e sanitario.7

Il video seguente approfondisce la Convenzione sui Rifugiati:

Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

Per maggiori informazioni sula Convenzione cliccate qui (in inglese): https://www.unhcr.org/about-unhcr/who-we-are/1951-refugee-convention

Fonte (in inglese): UNHCR. Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Convenzione e Protocollo relativi allo status dei rifugiati. https://www.unhcr.org/media/convention-and-protocol-relating-status-refugees


Diverse risoluzioni delle Nazioni Unite sottolineano la protezione contro la violenza, in particolare quella di genere.

Il video seguente spiega il ruolo delle Nazioni Unite nella lotta alla violenza contro le donne:

Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

Oltre alle principali risoluzioni citate nel video, il tema della violenza contro le donne è stato affrontato anche in numerose altre risoluzioni. Un elenco completo delle risoluzioni dell’Assemblea Generale e dei rapporti che le accompagnano sulla violenza contro le donne è disponibile (in inglese) sul: Sito web delle Nazioni Unite per le donne.


L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, adottata all’unanimità da tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite nel 2015, funge da quadro collettivo per la promozione della pace, della prosperità e della sostenibilità a livello globale. Al centro vi sono i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG), che richiedono urgentemente un’azione collaborativa da parte di tutte le nazioni, sia sviluppate che in via di sviluppo, nell’ambito di un partenariato globale. Questi obiettivi riconoscono l’interconnessione tra la necessità di porre fine alla povertà e alle privazioni e le iniziative volte a migliorare la salute e l’istruzione, a ridurre le disuguaglianze, a stimolare la crescita economica, ad affrontare i cambiamenti climatici e a preservare gli oceani e le foreste.8

Conosci tutti i 17 SDG? Guarda il seguente video:

Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

Ogni anno, il Segretario Generale delle Nazioni Unite presenta un rapporto annuale, sui progressi degli SDG, sviluppato in collaborazione con il Sistema delle Nazioni Unite e basato sul quadro di indicatori globali, sui dati prodotti dai sistemi statistici nazionali e sulle informazioni raccolte a livello regionale. Qui di seguito i rapporti (in inglese)

Inoltre, il Rapporto globale sullo sviluppo sostenibile viene prodotto una volta ogni quattro anni per fornire all’Assemblea Generale informazioni sulle delibere di revisione quadrimestrale degli SDG. È redatto da un gruppo indipendente di scienziati nominati dal Segretario generale. Qui di seguito i rapporti globali sullo sviluppo sostenibile (in inglese).

L’obiettivo 5 degli SDG si concentra sull’uguaglianza di genere e sull’eliminazione della violenza contro le donne e le ragazze. La violenza domestica è strettamente legata al raggiungimento di questi obiettivi.

Fonte (in inglese): Nazioni Unite. 2015. Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. https://sdgs.un.org/2030agenda


La ECHR, nell’ambito del Consiglio d’Europa, tutela i diritti fondamentali. Articoli come l’articolo 3 (divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti) sono applicabili ai casi di violenza domestica.9

Come funziona la ECHR? Si veda il seguente video

Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

Di seguito troverete alcuni casi studio che vi aiuteranno a capire come funziona in pratica la ECHR (in inglese):

Cliccate qui per la traduzione in italiano dei casi studio precedenti

Ulteriori casi studio sulla violenza domestica (in inglese) sono disponibili qui: https://www.echr.coe.int/Documents/FS_Domestic_violence_ENG.pdf

Fonte (in inglese): Corte europea dei diritti dell’uomo. Convenzione europea sui diritti umani. https://www.echr.coe.int/european-convention-on-human-rights


Pur essendo centrata principalmente sulla criminalità informatica, questa convenzione del Consiglio d’Europa si occupa anche di reati legati ai sistemi informatici. Con l’uso sempre più frequente della tecnologia nei casi di violenza domestica, la comprensione delle implicazioni del crimine informatico è fondamentale.10

Per saperne di più sulla Convenzione di Budapest, si può vedere il seguente video:

Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

Fonte (in inglese): Consiglio d’Europa. La Convenzione di Budapest (ETS n. 185) e i suoi protocolli: https://www.coe.int/en/web/cybercrime/the-budapest-convention


La Convenzione di Lanzarote è stata adottata dal Consiglio d’Europa nel 2007 ed è entrata in vigore nel 2010. Il suo scopo principale è quello di proteggere i bambini e le bambine dallo sfruttamento e dall’abuso sessuale, sottolineando la necessità di misure efficaci a livello nazionale e internazionale.11

Al link sottostante potete ascoltare le storie di chi è sopravvissuto alla violenza sui minori, comprese le storie di violenza fisica, sessuale e psicologica, per comprenderne l’impatto duraturo sulle persone:

Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

Il documentario del Consiglio d’Europa “Keep me safe” illustra le buone prassi adottate in diversi Stati membri (Islanda, Cipro e Francia) in materia di prevenzione, educazione e protezione delle vittime e di promozione di una giustizia a misura di minore:

Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

Nel 2015, per dare seguito all’importante lavoro e all’impatto della Campagna ONE in FIVE, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha deciso di fare un ulteriore passo avanti istituendo la prima Giornata Europea per la Protezione dei Bambini e delle Bambine contro lo Sfruttamento e l’Abuso Sessuale, che si celebra ogni anno il 18 novembre o intorno a tale data.

Traduzione dell’immagine: 18 Novembre Giornata Europea per la Protezione dei Bambini e delle Bambine contro lo Sfruttamento e l’Abuso Sessuale
Fonte (in inglese): Consiglio d’Europa. Infographics.

Fonte (in inglese): Consiglio d’Europa. Convenzione di Lanzarote: https://www.coe.int/en/web/children/lanzarote-convention


Adottata dall’Unione Europea nel 2012, la Direttiva sui Diritti delle Vittime mira a stabilire norme minime sui diritti, l’assistenza e la protezione delle vittime di reato, comprese le vittime di violenza domestica.12

  • La direttiva rafforza notevolmente i diritti delle vittime e dei loro familiari all’informazione, al sostegno e alla protezione. Inoltre, rafforza i diritti procedurali delle vittime nei procedimenti penali.
  • La direttiva richiede inoltre che i Paesi dell’UE garantiscano una formazione adeguata sulle esigenze delle vittime per le persone che possono entrare in contatto con le vittime per motivi di lavoro.
  • I Paesi dell’UE dovevano implementare le disposizioni della direttiva nelle loro leggi nazionali entro il 16 novembre 2015. Nel 2013, la Commissione europea ha pubblicato un  documento di orientamento per assistere i Paesi dell’UE in questo processo.
  • L’11 maggio 2020, la Commissione europea ha prodotto un report sull’attuazione della Direttiva sui Diritti delle Vittime. La relazione valuta in che misura gli Stati membri abbiano adottato le misure necessarie per conformarsi alle sue disposizioni.
  • Per le vittime di determinati reati, l’UE ha adottato norme specifiche. Queste norme si basano sulla direttiva sui diritti delle vittime, ma rispondono più direttamente alle esigenze specifiche delle vittime di determinati reati. La legislazione dell’UE ha lo scopo di fornire protezione e sostegno alle vittime della tratta di esseri umani ,  ai minori vittime di sfruttamento sessuale e pornografia infantile  e alle vittime del terrorismo.
  •  Per assistere le autorità nazionali nell’attuazione delle norme UE sui diritti delle vittime, la Commissione europea ha istituito il Centro di Competenza UE per le Vittime di Terrorismo. Il Centro dell’UE offre competenze, formazione, orientamento e sostegno alle autorità nazionali e alle organizzazioni di assistenza alle vittime.
  • Il 24 giugno 2020, la Commissione ha adottato la prima Strategia UE sui Diritti delle Vittime (2020-2025) per garantire che tutte le vittime di qualsiasi reato nell’UE possano beneficiare pienamente dei loro diritti. La strategia prevede azioni per la Commissione europea, gli Stati membri e la società civile, per un periodo di 5 anni.
  • L’8 marzo 2022, la Commissione ha adottato una proposta di Direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica. La proposta prevede misure concrete relative all’accesso alle informazioni, al sostegno, alla protezione e al risarcimento nella misura in cui queste riguardano specificamente le vittime di violenza contro le donne e le vittime di violenza domestica.
  • Il 12 luglio 2023, la Commissione ha proposto modifiche alla direttiva sui diritti delle vittime. La revisione affronta i problemi identificati nella valutazione del giugno 2022. Gli emendamenti riguardano cinque principali diritti delle vittime: accesso alle informazioni, maggiore sostegno e protezione, maggiore partecipazione ai procedimenti penali e accesso facilitato al risarcimento.

Ascoltate il Podcast politico del Servizio europeo di ricerca parlamentare (European Parliamentary Research Service: EPRS) sulla revisione della Direttiva sui Diritti delle Vittime (in inglese):

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Fonte (in inglese): Commissione europea. I diritti delle vittime nell’UE. Quadro giuridico e politico sui diritti delle vittime https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/policies/justice-and-fundamental-rights/criminal-justice/protecting-victims-rights/victims-rights-eu_en


La Risoluzione del Parlamento Europeo del 16 settembre 2021 sull’identificazione della violenza di genere come nuova area di reato, di cui all’articolo 83, paragrafo 1, del TFEU (2021/2035(INL), è un esempio notevole degli sforzi dell’Unione Europea per affrontare la violenza di genere come area specifica di reato. Il documento invita la Commissione Europea a proporre una legislazione che classifichi la violenza di genere come un reato che rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 83(1) del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (Treaty on the Functioning of the European Union: TFEU). Questa iniziativa mira ad armonizzare gli approcci legali tra gli Stati membri dell’UE per combattere efficacemente la violenza di genere.13

Frances Fitzgerald, che coordina i lavori sulle nuove regole, spiega come l’UE intende affrontare la violenza contro le donne e la violenza domestica in un incontro con Alice Cappelle, una YouTuber francese che pubblica contenuti educativi e saggi critici sui diritti delle donne e sulle questioni sociali:

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Fonte In inglese: Risoluzione del Parlamento europeo del 16 settembre 2021 con raccomandazioni alla Commissione sull’identificazione della violenza di genere come nuova area di reato di cui all’articolo 83, paragrafo 1, del TFUE. https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2021-0388_EN.html


Focus sulla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul)

La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla Prevenzione e la Lotta alla Violenza Contro le Donne e la Violenza Domestica (Convenzione di Istanbul), adottata nel 2011, affronta in modo specifico la violenza di genere, compresa la violenza domestica. Essa delinea impegni dettagliati per gli Stati membri per prevenire la violenza, proteggere le vittime e perseguire i colpevoli.

Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

La Convenzione di Istanbul è stata ratificata dall’Unione Europea il 28 giugno 2023 ed è entrata in vigore il 1° ottobre 2023. Per saperne di più sulla Convenzione di Istanbul, cliccate sul seguente video:

Prima di far partire il video attivare i sottotitoli cliccando sull’immagine ad essi relativa; poi andare su impostazioni (immagine dell’ingranaggio) e cliccare su “sottotitoli”. In seguito selezionare “traduzione automatica” ed infine scegliere “italiano”.  A questo punto far partire il video e compariranno i sottotitoli in italiano.

Il 29 novembre 2023 la Commissione ha istituito una rete dell’UE sulla prevenzione della violenza domestica e di genere. La rete si riunisce due volte l’anno ed è composta da funzionari degli Stati membri e parti interessate (https://preventiongbv.eu).

Numero totale di ratifiche/adesioni: 39 (stato aggiornato a gennaio 2024)

Una panoramica aggiornata di firme e ratifiche è disponibile qui


2. Fatti salienti della Convenzione di Istanbul14

Qual è lo scopo della Convenzione di Istanbul?
  • La Convenzione sulla Prevenzione e la Lotta alla Violenza Contro le Donne e la Violenza Domestica è un importante trattato sui diritti umani che stabilisce standard legali completi per garantire il diritto delle donne a essere libere dalla violenza.
  • Frutto dei continui sforzi del Consiglio d’Europa, a partire dagli anni ’90, per prevenire la violenza contro le donne e la violenza domestica, questo strumento giuridico europeo è stato negoziato dai 47 Stati membri e adottato il 7 aprile 2011 dal Comitato dei Ministri.
  • È nota come Convenzione di Istanbul, dal nome della città in cui è stata aperta alla firma l’11 maggio 2011.
  • Tre anni dopo, il 1° agosto 2014, è entrata in vigore a seguito della decima ratifica. Da allora, tutti i governi che hanno ratificato il trattato sono vincolati ai suoi obblighi.
In che modo la Convenzione di Istanbul si occupa della violenza di genere?
  • La Convenzione di Istanbul riconosce la violenza contro le donne come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione nei confronti delle donne.
  • Essa prende in esame varie forme di violenza di genere contro le donne, definita come forma di “violenza diretta contro le donne perché sono donne” o alla violenza che le colpisce in modo sproporzionato.
  • La violenza di genere contro le donne si differenzia da altri tipi di violenza in quanto il fatto che venga perpetrata contro una donna è sia la causa che il risultato di relazioni di potere ineguali tra donne e uomini che portano alla subordinazione delle donne nella sfera pubblica e privata, contribuendo a rendere accettabile la violenza contro le donne.
  • Secondo la Convenzione, l’uso del termine “genere” mira a riconoscere come gli atteggiamenti e le percezioni dannose sui ruoli e i comportamenti che ci si aspetta dalle donne nella società giochino un ruolo nel perpetuare la violenza contro le donne.
  • Questa terminologia non sostituisce la definizione biologica di “sesso”, né quelle di “donne” e “uomini”, ma mira a sottolineare quanto le disuguaglianze, gli stereotipi e la violenza non derivino da differenze biologiche, ma da preconcetti dannosi sugli attributi o sui ruoli delle donne che limitano la loro capacità di azione.
  • Pertanto, la Convenzione considera l’eliminazione della violenza contro le donne e della violenza domestica come un passo fondamentale per garantire progressi nell’ uguaglianza tra donne e uomini.

Maggiori informazioni sull’ambito di applicazione e sugli scopi della Convenzione di Istanbul sono disponibili nel seguente opuscolo (in inglese):

The Istanbul Convention: Questions and answers

Chi è tutelato dalla Convenzione di Istanbul?
  • La Convenzione di Istanbul si basa su un approccio centrato sulla vittima.
  • La protezione e il sostegno previsti dalla Convenzione di Istanbul devono essere disponibili per ogni donna senza discriminazioni, anche in relazione all’età, alla disabilità, allo stato civile, all’appartenenza a una minoranza nazionale, allo status di migrante o rifugiato, all’identità di genere o all’orientamento sessuale.
  • La Convenzione di Istanbul riconosce che ci sono gruppi di donne che spesso sono più a rischio di subire violenza. Tra questi, ad esempio, le donne con disabilità, le donne appartenenti a minoranze nazionali, le donne LBTIA+ (Lesbiche, Bisessuali, Transgender, Intersessuali, Asessuali), le donne provenienti da aree rurali, le donne migranti, le donne richiedenti asilo e rifugiate, le donne senza permesso di soggiorno, le bambine, le donne anziane, le donne senza fissa dimora, le donne che si prostituiscono e le donne che fanno uso di sostanze psicoattive.
  • È fondamentale garantire che le misure per porre fine alla violenza di genere si estendano sistematicamente a questi gruppi di donne, siano accessibili e adattate alle loro esigenze specifiche.
  • Gli Stati sono anche incoraggiati ad applicare la Convenzione di Istanbul ad altre vittime di violenza domestica, come uomini, bambini e anziani.
Cosa richiede la Convenzione di Istanbul agli Stati?
  • La Convenzione di Istanbul rappresenta un passo importante verso una risposta completa e armonizzata per garantire una vita libera dalla violenza a tutte le donne e ragazze in tutta Europa e oltre.
  • I suoi obblighi coprono quattro aree di azione, spesso chiamate le quattro “P”: prevenire la violenza contro le donne, proteggere le vittime, perseguire i colpevoli e attuare politiche globali e coordinate.
  • Questi quattro obiettivi principali comprendono diverse disposizioni, tra cui misure legali e pratiche volte a innescare cambiamenti concreti nelle risposte nazionali alla violenza contro le donne e alla violenza domestica.

Le infografiche ai link qui di seguito spiegano in dettaglio cosa significa: iconografiche  e  brochure sui quattro pilastri della Convenzione di Istanbul.

Cosa costituisce crimine secondo la Convenzione di Istanbul?

La Convenzione di Istanbul specifica diverse forme di violenza di genere contro le donne che devono essere considerate un crimine (o comunque sanzionate in altro modo). Queste sono:

  • Violenza psicologica
  • Stalking
  • Violenza fisica
  • Violenza sessuale (incluso lo stupro)
  • Molestie sessuali
  • Matrimonio forzato
  • Mutilazioni genitali femminili
  • Aborto forzato
  • Sterilizzazione forzata

Inoltre, la Convenzione di Istanbul stabilisce l’obbligo di garantire che la cultura, l’usanza, la religione, la tradizione o il cosiddetto “onore” non siano considerati una giustificazione per nessuno degli atti di violenza che rientrano nel suo campo di applicazione.

Violenza Domestica

  • La Convenzione di Istanbul tratta anche la violenza domestica, includendo tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o dell’unità domestica o tra ex coniugi o partner attuali, indipendentemente dal fatto che l’autore del reato condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.
  • Data la gravità di tali violenze, è necessario garantire che le circostanze in cui il reato è stato commesso contro un ex coniuge o partner attuale, da un membro della famiglia, da una persona che convive con la vittima o da una persona che ha abusato della sua autorità, possano comportare una pena più severa come circostanza aggravante o come elemento costitutivo del reato. Questo manda un chiaro messaggio: la violenza contro le donne e la violenza domestica non sono questioni private.
  • La Convenzione di Istanbul chiede agli Stati di garantire la sicurezza e il sostegno alle vittime di violenza domestica perpetrata da membri della famiglia, coniugi o partner intimi, indipendentemente dal loro stato civile o meno.
  • La Convenzione di Istanbul può e deve essere applicata indipendentemente dalle definizioni legali di “famiglia” o “matrimonio” e dal riconoscimento o meno delle relazioni tra persone dello stesso sesso rimandando queste questioni a ciascuno Stato, poiché il riconoscimento legale delle unioni tra persone dello stesso sesso o l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso non rientrano nell’ambito di applicazione della Convenzione di Istanbul.
Come viene monitorata l’attuazione della Convenzione di Istanbul?

Una volta che un governo ha ratificato la Convenzione di Istanbul, deve adottare misure per attuare le sue disposizioni volte a prevenire e combattere la violenza contro le donne. È stato istituito un meccanismo di monitoraggio per valutare l’applicazione di queste disposizioni e fornire indicazioni alle autorità nazionali. Esso è composto da due organi:

Il Gruppo di Esperti sull’Azione contro la Violenza sulle Donne e la Violenza Domestica (GREVIO)
  • GREVIO è un organismo indipendente specializzato incaricato di monitorare l’attuazione della Convenzione da parte dei Paesi che l’hanno ratificata (Parti della Convenzione), composto da 15 esperti indipendenti.
  • Esso conduce procedure di valutazione nazionali che prevedono visite in loco e pubblica rapporti che valutano le misure legislative e di altro tipo adottate per conformarsi ai requisiti della Convenzione.
  • Il GREVIO ha pubblicato rapporti di valutazione di base, offrendo indicazioni su misura per aumentare il livello di attuazione.
  • Inoltre, il GREVIO può avviare indagini in circostanze specifiche.
  • Il GREVIO può infine adottare raccomandazioni generali su temi e concetti della Convenzione.
  • Una panoramica delle attività del GREVIO è disponibile nel.

Informazioni sul GREVIO sono reperibili qui (in inglese):   GREVIO – Group of Experts on Action against Violence against Women and Domestic Violence

Il Comitato delle Parti
  • Questo organo è composto dai rappresentanti dei governi nazionali che hanno aderito alla convenzione.
  • Dal 2018 il Comitato adotta – sulla base dei rapporti di valutazione di riferimento del GREVIO – raccomandazioni relative alle misure da adottare per attuare le conclusioni, i suggerimenti e le proposte offerti dal GREVIO in relazione a un paese specifico.
  •  A questi paesi viene concesso un periodo di tre anni per attuare tali raccomandazioni e riferire al Comitato.
  •  Su tale base, il Comitato trarrà conclusioni sull’attuazione delle sue raccomandazioni.
  • Il Comitato può anche esaminare i risultati di qualsiasi inchiesta condotta dai membri del GREVIO e può prendere in considerazione le misure necessarie in base a tali risultati. 

Si può visualizzare qui (in inglese) il: Comitato delle Parti

Quali risultati ha ottenuto finora la Convenzione di Istanbul?
  • Le numerose procedure di valutazione concluse finora dal GREVIO hanno messo in luce l’impatto tangibile che la convenzione ha avuto nell’ultimo decennio.
  • Un passo fondamentale compiuto in molti paesi è stata l’introduzione della definizione di nuovi reati, adattando il loro diritto penale ai requisiti della convenzione.
  • Questi sforzi riguardano in particolare la criminalizzazione dello stalking, dei matrimoni forzati e delle mutilazioni genitali femminili.
  • Inoltre, alcuni Stati hanno modificato la loro legislazione per basare la loro definizione legale di violenza sessuale sulla mancanza di consenso liberamente espresso dalla vittima, in conformità con la Convenzione di Istanbul.
  • Oltre a ciò, molti governi locali, regionali e nazionali hanno ampliato la gamma di servizi di sostegno disponibili per le donne vittime, ad esempio creando linee telefoniche di assistenza nazionali, aumentando il numero di rifugi o introducendo servizi specializzati per le vittime di violenza sessuale.
  • Molti hanno anche intensificato i loro sforzi per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle diverse forme di violenza contro le donne e sono state inoltre individuate buone pratiche su come raggiungere le donne con disabilità o le donne e le ragazze a rischio di mutilazioni genitali femminili.
  • Sebbene permangano delle sfide, vi è un forte riconoscimento della necessità di affrontare, in modo globale e olistico, tutte le forme di violenza contro le donne.
  • I risultati del GREVIO sottolineano inoltre sistematicamente la necessità di lavorare per garantire l’obiettivo della convenzione.
  • La Convenzione di Istanbul sta quindi non solo creando uno slancio per l’espansione della legislazione e dei servizi di supporto, al fine di raggiungere una gamma più ampia di donne e ragazze a rischio di violenza di genere, ma sta anche affermando fermamente il concetto che è un obbligo dello Stato rispondere a tutte le forme di violenza contro le donne, per tutelare le donne e le ragazze in tutta la loro diversità.
  • La Convenzione di Istanbul e il suo meccanismo di monitoraggio si stanno dimostrando fondamentali per guidare i governi nella creazione di misure per rispondere in modo efficiente.

La Revisione orizzontale intermedia di tutte le 17 relazioni di valutazione di riferimento di GREVIO offre maggiori informazioni sulle azioni promettenti e sulle sfide nell’attuazione della Convenzione di Istanbul.

Come è stata realizzata la Convenzione di Istanbul durante la pandemia?
  • A livello globale, le politiche di isolamento e confinamento che hanno regnato durante la pandemia di COVID-19 hanno portato a un aumento dei livelli di violenza domestica, sessuale e di altro genere, e quindi a un accresciuto bisogno di prevenzione e protezione contro di essa.
  • Occorre prestare attenzione anche agli effetti a lungo termine della pandemia sull’equilibrio tra vita professionale e vita personale, sul carico mentale e sull’indipendenza economica delle donne, poiché potrebbe costringere molte di loro, comprese le donne vittime di violenza di genere, a compiere scelte difficili come lasciare temporaneamente o definitivamente la forza lavoro e passare a un lavoro di assistenza non retribuito.
  • Il Comitato delle Parti della Convenzione di Istanbul e il Presidente del GREVIO hanno invitato gli Stati a sostenere l’attuazione della Convenzione in ogni momento, anche durante la pandemia di Covid-19.
  • Un sito web dedicato sui Diritti delle donne e COVID , redatto dal Consiglio d’Europa, offre informazioni sulle azioni intraprese dagli Stati membri e sulle iniziative del Consiglio d’Europa come istituzione, di altre organizzazioni internazionali e della società civile.
  • Le informazioni sulle misure nazionali sono state raccolte a seguito di un invito a presentare proposte, pubblicato congiuntamente dalla  Commissione per L’Uguaglianza di Genere  e dal Comitato delle Parti  della Convenzione di Istanbul.

Si possono trovare qui maggiori informazioni sulla Convenzione di Istanbul.


Quali miti esistono sulla Convenzione di Istanbul? Quali sono i fatti? Per saperne di più:15

Fonte (in inglese): Consiglio d’Europa. 2020. Miti e Realtà sulla Convenzione di Istanbul https://rm.coe.int/ukr-2020-brochure-ic-myths-and-facts-en-25112020/1680a07ee8




3. Quadri Nazionali in Italia

1. Legislazione
2. Applicazione della legge e ordini di protezione
3. Sostegno alle vittime
4. Misure preventive
5. Dati e ricerca
6. Collaborazione con le organizzazioni internazionali

1. Legislazione

L’evoluzione della legislazione italiana in materia di violenza contro le donne prende le mosse dalla ratifica della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Legge n. 77 del 2013). A seguito della ratifica, l’Italia ha poi realizzato una serie di interventi volti a definire una strategia integrata di contrasto alla violenza, nel solco tracciato dalla Convenzione stessa.

Il primo intervento in questo senso è stato fatto con il decreto legge n. 93 del 2013, adottato pochi mesi dopo la ratifica della Convenzione, che ha apportato significative modifiche in ambito penale e processuale e ha previsto l’adozione periodica di Piani d’azione contro la violenza di genere.

Tuttavia, l’Italia adotta una definizione di violenza domestica più ristretta rispetto a quella utilizzata nella Convenzione di Istanbul. All’articolo 3 del Decreto Legislativo n. 93/2013, si legge, infatti, che “la violenza domestica è definita come (uno o più) atti, gravi o non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare (o tra persone attualmente o precedentemente legate da un vincolo matrimoniale o da una relazione affettiva), indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida, o abbia condiviso, la stessa residenza con la vittima”.

Nella XVIII legislatura, il Parlamento ha continuato ad adottare misure per combattere la violenza contro le donne, perseguendo principalmente gli obiettivi di prevenzione dei reati e di protezione delle vittime, e allo stesso tempo ha reso più facile la punizione dei cosiddetti reati di genere.

In the 18th legislature, the Parliament has continued to adopt measures to combat violence against women, mainly pursuing the objectives of crime prevention and victim protection, and at the same time made it easier to get punished for so-called gender crimes.

Il provvedimento che ha inciso maggiormente sul contrasto alla violenza di genere è la Legge n. 69 del 2019 (cosiddetto “codice rosso”), che ha rafforzato le tutele processuali delle vittime di reati violenti, con particolare riferimento ai reati di violenza sessuale e domestica, ha introdotto alcuni nuovi reati nel codice penale (tra cui, il reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti e il reato di costrizione o induzione al matrimonio), ha reso un reato autonomo il reato di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti del volto e ha inasprito le pene per i reati più frequentemente commessi nei confronti delle vittime femminili (maltrattamenti, atti persecutori, violenza sessuale).La Legge di Riforma della Procedura Penale (legge n. 134 del 2021) ha inoltre previsto una migliore e più lunga protezione delle vittime di violenza domestica e di genere, mentre la legge n. 53 del 2022 ha ampliato la raccolta di dati statistici sulla violenza di genere attraverso un migliore coordinamento di tutti gli attori coinvolti.

Nell’attuale legislatura, la legge n. 122 del 2023 ha istituito una Commissione bicamerale d’inchiesta sul femminicidio, nonché su tutte le forme di violenza di genere (la Commissione è stata istituita nella seduta del 26 luglio 2023). La legge n. 122 del 2023 interviene su uno degli aspetti che caratterizzano la procedura da seguire nei procedimenti per reati di violenza domestica e di genere, ovvero l’obbligo per il pubblico ministero di assumere informazioni dalla persona offesa o dalla persona che ha denunciato i fatti di reato entro tre giorni dalla registrazione della notizia di reato. La citata legge n. 122 stabilisce che se il pubblico ministero non ha rispettato il termine suddetto, può revocare l’assegnazione del procedimento al magistrato designato e assumere senza indugio informazioni dalla persona offesa o dal denunciante, direttamente o mediante assegnazione ad altro magistrato dell’ufficio.

È in corso di esame alla Camera dei Deputati un disegno di legge governativo (Atto della Camera 1294) che introduce ulteriori disposizioni per contrastare la violenza contro le donne e la violenza domestica, attraverso norme che riguardano sia il rafforzamento della tutela delle vittime che la prevenzione del fenomeno.

FONTE:

https://temi.camera.it/leg19/temi/violenza-contro-le-donne.html


2. Applicazione della legge e ordini di protezione

Dal luglio 2019 è stata approvata in Parlamento la legge n. 69, che rafforza la protezione di tutti coloro che subiscono violenze, persecuzioni e maltrattamenti. Questa legge è stata definita “Codice rosso” ed è stata recentemente rafforzata con nuove norme in vigore dal 9 dicembre 2023. Tra i cambiamenti in ambito procedurale, c’è la accelerazione dell’avvio del procedimento penale per alcuni reati: tra gli altri, maltrattamenti in famiglia, stalking, violenza sessuale, con l’effetto che ogni misura di protezione delle vittime sarà adottata più rapidamente. I principali cambiamenti sono:

AMMONIMENTO

Già presente nella legge, questa misura è stata rafforzata dal Decreto Legge 168/2023 in modo che il Capo della Polizia possa procedere anche in assenza di denuncia, una volta raccolte le informazioni necessarie sul reato commesso. Inoltre, questa misura è stata estesa anche ad altre forme di violenza domestica prima non previste, come la diffusione illecita di video o immagini sessualmente esplicite. Viene anche introdotta la definizione di violenza assistita, subita dai minori in presenza di violenza domestica.

L’ammonimento non può essere annullato prima che siano trascorsi tre anni dalla sua emissione e senza che la persona ammonita sia sottoposta ad una procedura di riabilitazione.

Anche le pene per i reati commessi in relazione alla violenza domestica sono state aumentate e ora comprendono più reati rispetto al passato.

SORVEGLIANZA SPECIALE

L’uso del braccialetto elettronico è stato introdotto anche per i reati di violenza domestica non previsti in precedenza, come il tentato omicidio, le lesioni personali gravi e permanenti al volto e la violenza sessuale.

Il tribunale può ora imporre all’imputato di rispettare una distanza di sicurezza di 500 m dalla persona offesa e dai luoghi che la vittima frequenta abitualmente. In sostanza, queste misure sono ora obbligatorie e non più facoltative e possono essere adottate con provvedimento d’urgenza. Il braccialetto elettronico diventa obbligatorio e, in caso di rifiuto di indossarlo da parte dell’imputato, viene disposta una misura coercitiva obbligatoria (reclusione).

Inoltre, in caso di violazione di queste disposizioni di emergenza, è previsto l’arresto anche al di fuori dei casi di flagranza di reato e la reclusione fino a cinque anni.

MISURE CAUTELARI E PROCEDIMENTI GIUDIZIARI

Sia per i procedimenti giudiziari che per le misure cautelari è richiesta la massima urgenza e priorità assoluta. Per questo motivo, sono stati ridotti i tempi entro i quali il Pubblico Ministero deve presentare la richiesta (30 giorni) e quelli entro i quali il Giudice può richiedere una misura cautelare (20 giorni). È stata inoltre introdotta una misura per favorire la specializzazione dei magistrati in materia di violenza domestica.

Molto importante è l’introduzione dell’arresto in flagranza differita (art. 10), ovvero la possibilità di arrestare una persona che commette un reato di violenza domestica anche se non è stata colta sul fatto. Si applica alle persone che sono già state ammonite.

L’allontanamento d’emergenza dalla casa familiare viene rafforzato con l’introduzione di ulteriori commi non previsti in precedenza. In alcuni casi, l’allontanamento può essere disposto dal pubblico ministero anche se non in flagranza di reato, cioè se l’imputato è già stato ammonito.

A seguito di questo decreto, la delegata politica per le Pari opportunità dovrà predisporre percorsi di accreditamento per le associazioni e le organizzazioni che si occupano di fornire corsi di recupero per gli autori di violenza domestica.

Le vittime, se acconsentono, saranno messe in contatto con i centri antiviolenza per ricevere aiuto.

Saranno istituiti corsi di formazione per l’identificazione della violenza contro le donne anche per il settore sanitario, in particolare per tutto il personale che si occupa di persone vittime di violenza.

FONTI:

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2023/11/24/23G00178/sg


3. Sostegno alle vittime

In Italia esiste una Rete Nazionale Antiviolenza a sostegno delle donne vittime di violenza. Si tratta di un progetto di sostegno che offre un servizio di “call center” attraverso il numero telefonico: “1522”.

Gli operatori forniscono alle vittime, garantendone l’anonimato, supporto psicologico e legale, nonché indicazioni sulle strutture pubbliche e private presenti sul territorio a cui rivolgersi.

Il servizio multilingue, attivo 24 ore su 24, 365 giorni all’anno, fornisce una prima risposta immediata alle vittime e contribuisce all’emersione delle richieste di aiuto incoraggiate dalla garanzia dell’anonimato.

Secondo le rilevazioni dell’Istat e del Cnr, le Case rifugio attive in Italia al 31 dicembre 2017 sono 264; di queste, 210 (il 79,5% del totale) sono state segnalate dalle Regioni al Dipartimento per le Pari Opportunità. Sono distribuite in modo eterogeneo sul territorio nazionale: il 61,4% al Nord, il 17,8% al Centro e il 21,8% al Sud. Alla maggiore concentrazione di queste strutture in alcune aree del Paese corrisponde una loro rarefazione – se non assenza – in altre.

Quasi tutte le case rifugio (con percentuali superiori al 90%) forniscono servizi che spaziano dall’orientamento al lavoro al supporto legale e alla consulenza, dall’assistenza psicologica al sostegno per una vita indipendente, dalla stesura di un piano di sicurezza alla valutazione dei rischi.

  • Questi servizi sono nel 94% dei casi gratuiti e vengono erogati internamente alle Case Rifugio o dai centri antiviolenza. Quest’ultima modalità prevale per i rifugi indicati dalle regioni, mentre nel caso delle altre strutture il fornitore di servizi è più spesso lo stesso personale della casa rifugio.
  • Il livello di organizzazione nell’erogazione dei servizi è molto dissimile a seconda dell’area geografica, tanto che è possibile individuare, con riferimento ai servizi erogati da quasi tutte le case rifugio, 3 diversi modelli:

  1. il modello settentrionale, che tende a far sì che il centro antiviolenza, con il quale la casa rifugio ha un rapporto privilegiato, fornisca alcuni servizi alle donne ospiti, in particolare il supporto e la consulenza legale, l’orientamento al lavoro, il sostegno psicologico e l’accoglienza.
  2. il modello meridionale, che tende in larga misura a gestire internamente (in-house) l’erogazione di alcuni servizi, in particolare il sostegno e la consulenza psicologica, la consulenza legale, l’orientamento al lavoro, l’alloggio e il piano di sicurezza individuale.
  3. Infine, il modello dell’Italia centrale, che presenta una distribuzione più equilibrata dei servizi tra casa rifugio e il centro antiviolenza di riferimento, con differenze organizzative a seconda del tipo di servizio fornito (per servizi come l’orientamento al lavoro e alla casa, si predilige la casa rifugio, per la consulenza psicologica e legale il centro antiviolenza, con il quale esiste un rapporto facilitato).

Il 90% delle case rifugio (e in misura maggiore quelle segnalate dalle regioni) assicura, oltre al vitto e all’alloggio, altri beni per la cura della persona, nonché somme di denaro. I primi sono forniti dall’83% delle case e l’abbigliamento è garantito dal 78% delle case rifugio, mentre sono meno frequentemente fornite le piccole somme per le spese individuali e le spese per il cellulare (rispettivamente 66% e 53%).

FONTI:


4. Misure preventive

Il Piano d’azione contro la violenza di genere

In attuazione dell’articolo 5 del decreto legge n. 93 del 2013, il Governo adotta piani straordinari per contrastare la violenza contro le donne. La disciplina del Piano è stata in parte modificata di recente dall’articolo 1, comma 149, della Legge di Bilancio 2022 (Legge n. 234/2021), che ne ha innanzitutto modificato la denominazione in Piano Strategico contro la Violenza verso le Donne e la Violenza Domestica.

Dopo l’emanazione nel 2015 del primo Piano D’Azione Straordinario, è stato recentemente adottato il terzo Piano Strategico Nazionale sulla violenza maschile contro le donne per il biennio 2021-2023.

Il Piano 2021-2023 ripropone la struttura del Piano precedente, con un’articolazione in 4 nuclei tematici (prevenzione, protezione e sostegno, perseguimento e punizione, assistenza e promozione) secondo le linee indicate dalla Convenzione di Istanbul, a ciascuno dei quali sono collegate specifiche priorità.

Per quanto riguarda la prevenzione, sono prioritari l’aumento del livello di consapevolezza nell’opinione pubblica e nel sistema educativo e formativo su cause e conseguenze della violenza maschile contro le donne; il coinvolgimento del settore privato (social, piattaforme, mass media), l’informazione sul ruolo degli stereotipi e del sessismo, anche in relazione alla cyberviolenza e alla diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti; la promozione dell’empowerment femminile, l’attivazione di azioni per l’emersione e il contrasto alla violenza contro le donne vittime di discriminazioni multiple; il rafforzamento della prevenzione della recidiva per gli uomini autori di violenza; la formazione delle figure professionali che, a vario titolo, interagiscono con le vittime e i minori nel percorso di prevenzione, sostegno e reinserimento; il raccordo delle misure normative anche nell’ambito della prevenzione della vittimizzazione secondaria.

Sul fronte della protezione edel sostegno alle vittime, le priorità sono la presa in carico delle donne vittime di violenza e dei minori vittime di violenza assistita; l’attivazione di percorsi di empowerment economico-finanziario, occupazionale e di autonomia abitativa; il monitoraggio e il miglioramento dell’efficacia dei “Percorsi per le donne che subiscono violenza” attivi presso le strutture sanitarie e ospedaliere; il potenziamento del numero verde nazionale antiviolenza 1522; la protezione e il sostegno psicosociale dei minori vittime di violenza assistita; l’implementazione di soluzioni operative per garantire l’accesso ai servizi di prevenzione, sostegno e reinserimento, in particolare per le donne vittime di discriminazioni multiple (migranti, richiedenti asilo e rifugiate).

Per quanto riguarda il perseguire e punire, le priorità sono: garantire procedure e strumenti di protezione delle donne vittime di violenza che consentano un’efficace e rapida valutazione e gestione del rischio di letalità, reiterazione e recidiva; definire un modello condiviso di approccio, gestione e valutazione del rischio all’interno del dipartimento di sicurezza; migliorare l’efficacia dei procedimenti giudiziari nell’applicazione delle misure cautelari e della sospensione condizionale della pena; definire linee guida per l’analisi e il monitoraggio qualitativo e quantitativo degli interventi realizzati nell’ambito dei programmi per uomini maltrattanti.

Infine, nell’ambito dell’assistenza e della promozione, le priorità sono l’implementazione del sistema informativo integrato per la raccolta e l’analisi dei dati sul fenomeno; la realizzazione di un sistema nazionale di monitoraggio e valutazione degli interventi, delle politiche, delle attività e delle risorse; la predisposizione di linee guida d’intesa con le Regioni, per uniformare gli standard qualitativi e quantitativi dei servizi erogati dai centri antiviolenza, dalle reti territoriali e dal sistema socio-sanitario a livello nazionale; la costruzione di luoghi stabili di confronto e progettazione per gli organi politici, le istituzioni e le strutture amministrative; la comunicazione di strumenti normativi e di interventi operativi a sostegno delle donne vittime di violenza maschile.

Inoltre, l’articolo 5-bis del decreto legge n. 93 del 2013 prevede che annualmente le risorse del Fondo per le pari opportunità siano assegnate alle Regioni per finanziare forme di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli, attraverso modalità omogenee di potenziamento della rete dei servizi territoriali, dei Centri antiviolenza e dei servizi di assistenza (case rifugio) alle donne vittime di violenza.

Infine, il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 settembre 2022 ha decretato la ripartizione del Fondo a favore delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano per l’anno 2022.

Le risorse, pari a 30 milioni di euro, sono state ripartite tra le Regioni e le Province autonome secondo i seguenti criteri:

– (a) 15 milioni di euro per il finanziamento dei centri antiviolenza pubblici e privati già esistenti in ogni regione;

– (b) 15 milioni di euro per il finanziamento delle case rifugio pubbliche e private già esistenti in ogni regione.

Il Dipartimento per le Pari Opportunità sostiene campagne di comunicazione per sensibilizzare l’opinione pubblica sul fenomeno della violenza maschile contro le donne, anche al fine di promuovere una corretta cultura dei rapporti uomo-donna a tutte le età e con l’obiettivo di rafforzare il messaggio che una società libera dalla violenza e dagli stereotipi di genere è una società migliore. Le campagne vengono diffuse attraverso diversi canali, dalla televisione ai social media.

Molte regioni hanno avviato campagne di comunicazione e attività di sensibilizzazione contro la violenza. Alcune si rivolgono a un pubblico più ampio, richiamando l’attenzione sul fenomeno della violenza, mentre altre danno indicazioni concrete su come riconoscerla e prevenirla, indicando anche i servizi di aiuto per uscirne.

Le regioni più attive hanno realizzato un maggior numero di iniziative e in molti casi le campagne sono il risultato di un lavoro congiunto tra istituzioni e centri antiviolenza.

Inoltre, il ruolo del sistema universitario è cruciale nella lotta contro la violenza di genere grazie allo sviluppo di specifiche politiche educative / di ricerca / di formazione / di advocacy. La Convenzione di Istanbul indica in più parti il ruolo che l’Università può svolgere.

In Italia è stata costituita la rete accademica UN.I.RE (che significa “UNIversità In REte contro la violenza“). UN.I.RE si propone di promuovere e sviluppare l’insegnamento, la formazione, la ricerca, le attività di terza missione, le campagne di sensibilizzazione, in una prospettiva nazionale e internazionale. Gli obiettivi principali sono: rafforzare le attività esistenti; sviluppare nuove iniziative educative; sostenere la ricerca scientifica; aumentare la collaborazione con i diversi stakeholder a livello locale (Istituzioni, esperti, centri antiviolenza, professionisti, associazioni); sviluppare collaborazioni internazionali, con Istituzioni sovranazionali e Università/Centri di ricerca europei. I risultati di UN.I.RE sono: organizzazione di programmi di studio, corsi professionali, seminari, collaborazione con associazioni e ONG, pubblicazione di articoli scientifici, libri e altro.

FONTI:


5. Dati e ricerca

Durante le ultime legislature sono state istituite in Parlamento Commissioni d’inchiesta sul fenomeno del femminicidio e della violenza di genere. In particolare, al Senato, l’istituzione delle suddette Commissioni è avvenuta sia nella XVII che nella XVIII legislatura. Entrambe le Commissioni hanno svolto indagini sui molteplici aspetti della violenza contro le donne, i cui risultati sono dettagliati nelle relazioni finali del 6 febbraio 2018 e del 6 settembre 2022. Nella XVIII legislatura, la Commissione ha inoltre pubblicato numerosi rapporti su temi specifici, toccando questioni come l’istruzione scolastica, la salute delle donne, le mutilazioni genitali femminili, i percorsi di cura per gli autori di violenza maschile, il finanziamento dei centri antiviolenza e la violenza domestica nel periodo di Covid.

Nella legislatura in corso è stata approvata la legge n. 12 del 9 febbraio 2023 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 41 del 17 febbraio 2023) che prevede l’istituzione di una Commissione bicamerale d’inchiesta sul femminicidio e su tutte le forme di violenza di genere.

La Commissione è stata istituita nella riunione del 26 luglio 2023; è composta da 18 senatori e 18 deputati e ha il compito di

  • condurre indagini sulle reali dimensioni e cause del femminicidio e, più in generale, di tutte le forme di violenza di genere;
  • monitorare la concreta attuazione della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, nonché di ogni altro accordo sovranazionale e internazionale in materia e della legislazione nazionale ispirata ai medesimi principi, con particolare riguardo al Decreto Legge n. 93 del 2013 e alla Legge n. 69 del 2019 (c.d. “Codice Rosso”);
  • verificare le possibili incongruenze e carenze della normativa vigente in materia, rispetto alla finalità di tutela della vittima di violenza e degli eventuali minori coinvolti, in vista di una sua eventuale revisione (con specifico riferimento alla normativa penale in materia di molestie sessuali perpetrate sul luogo di lavoro), nonché analizzare gli episodi di femminicidio, verificatisi a partire dal 2016, al fine di monitorare se si possano riscontrare condizioni o comportamenti ricorrenti, valutabili statisticamente, per orientare l’azione di prevenzione;
  • verificare il livello di attenzione e la capacità di intervento delle autorità e delle amministrazioni pubbliche competenti a svolgere attività di prevenzione e assistenza;
  • verificare, come raccomandato dall’OMS, l’attuazione di progetti educativi nelle scuole;
    • proporre soluzioni legislative e amministrative per prevenire e contrastare adeguatamente ogni forma di violenza di genere, nonché per tutelare la vittima di violenza e gli eventuali minori coinvolti; valutare inoltre la necessità di redigere testi unici, al fine di implementare la coerenza e la completezza della normativa in materia di violenza contro le donne;
  • monitorare l’attività svolta dai centri antiviolenza operanti sul territorio, compresi i centri di riabilitazione per uomini maltrattanti, e l’effettiva applicazione da parte delle Regioni del piano antiviolenza e delle linee guida nazionali per le strutture sanitarie e ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle vittime di violenza;
  • verificare l’effettiva destinazione delle risorse stanziate dal decreto-legge n. 93 del 2013 e dalle leggi di stabilità e di bilancio alle strutture che si occupano di violenza di genere e garantire finanziamenti certi e stabili per evitare la loro chiusura.

Per quanto riguarda i dati sul fenomeno della violenza contro le donne, l’ISTAT è l’ente nazionale che raccoglie ed elabora i dati sul numero di femminicidi e di episodi di violenza domestica che avvengono in Italia e li pubblica annualmente.

FONTI:


6. Collaborazione con le organizzazioni internazionali

L’Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul con la legge n. 77 del 2013 e da allora ha cercato di aderire ai dettami della Convenzione con diverse leggi che vanno nella direzione di punire gli autori di violenza di genere e i femminicidi, di sostenere i centri antiviolenza e le case rifugio che accolgono le vittime e di istituire un numero nazionale, il 1522, che le vittime possono chiamare per chiedere aiuto e denunciare.

Da allora si sono susseguiti diversi progetti finalizzati alla raccolta di dati sulla violenza domestica e alla diffusione di buone pratiche già in uso in altri Paesi europei. Fra questi, il progetto VIVA del CNR cofinanziato dall’UE, nonché altri progetti sostenuti dall’ISS (Istituto Superiore della Sanità), ultimo dei quali il progetto IPAZIA del 2021, che promuove la piena applicazione delle Linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza, adottate nel 2017, al fine di aumentare le capacità di rilevazione, diagnosi, gestione e trattamento della violenza di genere, prevenire i casi di vittimizzazione secondaria e promuovere la creazione di reti tra i PS e, ove possibile, tra questi e le strutture socio-sanitarie e di volontariato presenti sul territorio.

Anche il progetto VIPROM si inserisce in questo panorama, proseguendo nella direzione dei progetti già avviati che mirano alla diffusione sempre più capillare di strumenti per l’identificazione e il sostegno delle vittime di violenza domestica.

Queste azioni rientrano nella strategia messa in atto dal Terzo Piano Strategico Nazionale sulla violenza maschile contro le donne per il periodo 2021-2023.

FONTI:


Fonti

  1. United Nations. 1948. Universal Declaration of Human Rights (UDHR). https://www.un.org/en/about-us/universal-declaration-of-human-rights ↩︎
  2. United Nations. 1995. Beijing Declaration and Platform for Action. https://www.un.org/womenwatch/daw/beijing/pdf/BDPfA%20E.pdf ↩︎
  3. United Nations. 1979. Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination Against Women (CEDAW). https://www.ohchr.org/en/instruments-mechanisms/instruments/convention-elimination-all-forms-discrimination-against-women ↩︎
  4. United Nations. 1993. Declaration on the Elimination of Violence against Women. https://www.ohchr.org/en/instruments-mechanisms/instruments/declaration-elimination-violence-against-women ↩︎
  5. United Nations. 1989. Convention on the Rights of the Child. https://www.ohchr.org/en/instruments-mechanisms/instruments/convention-rights-child ↩︎
  6. United Nations. 2006. Convention on the Rights of Persons with Disabilities. https://www.ohchr.org/en/instruments-mechanisms/instruments/convention-rights-persons-disabilities ↩︎
  7. UNHCR. The UN Refugee Agency. Convention and Protocol Relating to the Status of Refugees. https://www.unhcr.org/media/convention-and-protocol-relating-status-refugees ↩︎
  8. United Nations. 2015. Transforming our world: the 2030 Agenda for Sustainable Development. https://sdgs.un.org/2030agenda ↩︎
  9. European Court of Human Rights. European Convention on Human RIghts. https://www.echr.coe.int/european-convention-on-human-rights ↩︎
  10. Council of Europe. The Budapest Convention (ETS No. 185) and its Protocols. https://www.coe.int/en/web/cybercrime/the-budapest-convention ↩︎
  11. Council of Europe. Lanzarote Convention. https://www.coe.int/en/web/children/lanzarote-convention ↩︎
  12. European Commission. Victims’ rights in the EU. Legal and policy framework on victims’ rights. https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/policies/justice-and-fundamental-rights/criminal-justice/protecting-victims-rights/victims-rights-eu_en ↩︎
  13. European Parliament resolution of 16 September 2021 with recommendations to the Commission on identifying gender-based violence as a new area of crime listed in Article 83(1) TFEU. https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2021-0388_EN.html ↩︎
  14. Council of Europe. Key facts about the Istanbul Convention: https://www.coe.int/en/web/istanbul-convention/key-facts ↩︎
  15. Council of Europe. 2020. Myths and facts about the Istanbul Convention. https://rm.coe.int/ukr-2020-brochure-ic-myths-and-facts-en-25112020/1680a07ee8 ↩︎